TIARNO DI SOPRA (TRENTO) – Al grido di ‘Basta veleni’ alcune centinaia di residenti della Valle di Ledro hanno manifestato da Tiarno di Sotto a Tiarno di Sopra contro la costruzione della centrale a biomasse e la annessa caldaia a gasolio da due megaWatt.
“Abbiamo ottenuto il riconoscimento di riserva naturale della biosfera per l’Unesco – spiega Christian Tiboni del comitato contro la centrale – e con questa centrale mettiamo a rischio la nostra salute prima di tutto e il turismo, principale attività economica della valle“.
Gli ha fatto eco dal palco degli interventi Pietro Zanotti, esperto di energie rinnovabili: “Nella centrale – ha spiegato – secondo quanto è scritto nelle carte dell’autorizzazione data dalla Provincia, non sono previsti i filtri per le sostanze cancerogene che verranno immesse nell’aria come ad esempio l’aldeide formica“.
(ANSA del 15 maggio 2016, ore 11:29)
Grazie per la visibilità. Quello che può sembrare un problema locale è in effetti un problema globale. Tutto nasce da una normativa perversa che attribuisce incentivi esorbitanti alla produzione di energia elettrica “rinnovabile” (non da fonti fossili) bruciando biomassa (in questo caso residui dalla lavorazione delle segherie locali). Mediamente la resa di questi impianti è del 20% per la produzione di energia elettrica e del 50% (70% quindi l’efficienza dell’impianto nel suo complesso) per il trasporto di calore (teleriscaldamento).E’ prevista anche la produzione di pellet che utilizza sempre materiale di risulta del ciclo produttivo delle segherie, chiudendo almeno in parte in loco il ciclo del prodotto legnoso primario (tronchi da sega)che in gran parte però provengono da fuori val di Ledro (quindi sulla groppa hanno già un bel carico di fumi emessi per il loro trasporto). La ciclicità produttiva della filiera legnosa si potrebbe “chiudere” con la produzione di pannelli truciolari (con componenti chimici non tossici) per l’industria del mobile. Tra l’altro questa soluzione porterebbe molti più posti di lavoro rispetto a quella prospettata e si armonizzerebbe con l’industria del futuro per cui lo scarto di un ciclo produttivo è la materia prima di un’altro senza rilascio di sostanze tossiche. L’incentivo per la produzione di energia elettrica da biomassa rende estremamente appetibile l’investimento, infatti si ha un rientro del capitale investito dopo 5-7 anni e poi gli incentivi sono profitti garantiti (dai soldi pubblici) per i restanti 15 anni. Quest’ultima è la vera ed unica ragione per cui si segue la strada della combustione inquinante rispetto all’efficientamento energetico allo stato dell’arte e cioè pompe di calore alimentate ad energia idroelettrica (di cui il trentino è ricchissimo) o da accumulo solare (Pannelli + batterie) per riscaldare gli edifici (dopo opportuna coibentazione) realizzando l’obiettivo emissioni zero. Non vi era quindi una sola soluzione all’utilizzo in loco dei residui della lavorazione e come purtroppo accade spesso si è privilegiato il puro tornaconto senza considerare il diritto primario alla salute dei cittadini (prima il capitale e poi i diritti degli uomini). Assente un percorso democratico di confronto tra le parti per una corretta informazione. Come al solito i costi alla comunità ed i profitti al capitale privato; ma non sempre vince Golia.