“Questo referendum è inutile. Non riguarda le energie rinnovabili, non blocca le trivelle (che in Italia sono già bloccate entro le 12 miglia, normativa più dura di tutta Europa), non tocca il nostro patrimonio culturale e ambientale.
Come hanno spiegato i promotori (alcune regioni) si tratta solo di dare un segnale politico.
Perché nel merito il quesito riguarda la durata delle concessioni delle trivelle già in essere.
Nient’altro.
Ci sono alcune piattaforme che estraggono gas.
Ci sono già.
Vi lavorano migliaia di italiani.
Finché c’è gas, ovviamente è giusto estrarre gas.
Sarebbe autolesionista bloccarle dopo avere costruito gli impianti.
Licenziare migliaia di italiani e rinunciare a un po’ di energia disponibile, Made in Italy.
Col risultato che dovremmo acquistare energia nei paesi arabi o in Russia, a un prezzo maggiore.
Il referendum voluto dalle regioni costerà 300 milioni agli italiani.
La legge prevede che non possa essere accorpato ad altre elezioni.
Pensiamo che, nello specifico, i soldi per questo referendum potevano andare ad asili nido, a scuole, alla sicurezza, all’ambiente.
E di questo parleremo durante la direzione di lunedì, ratificando la decisione presa come vicesegretari.
Se il referendum passerà l’Italia dovrà licenziare migliaia di persone e comprare all’estero più gas e più petrolio.
Ecco perché la segreteria pensa che questo referendum sia inutile.
Chi vuole dare un segnale politico, fa politica: non spende 300 milioni del contribuente.
Ma non raccontiamo che è un referendum contro le nuove trivellazioni, non raccontiamo che è un referendum che salva il nostro mare (anche perché a quel punto le aziende non smonteranno le trivelle che resteranno per sempre nel mare, anche se non operative).
Non c’è nessuna nuova trivella, ma solo tante bugie.
La serietà prima di tutto.
Ma lunedì parleremo anche di questo e vedremo chi ha i numeri – a norma di Statuto – per utilizzare il simbolo del PD”.
Così Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, vicesegretari del PD, in una dichiarazione congiunta.
(dichiarazione pubblicata il 17 marzo 2016 sul sito del Partito Democratico)
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Il 18 marzo 2016 il padre dell’Ulivo Romano Prodi si è schierato dalla parte dei due Vice Segretari ed è stato durissimo: «Quel referendum è un suicidio nazionale. Se voto, voto no all’abrogazione».
Il che vuol dire che anche Prodi prende in seria considerazione l’idea di astenersi.
Il giudizio espresso dai vicesegretari, anticipato da una comunicazione all’Agcom (vedi https://www.rodolfobosi.it/?p=34612&preview_id=34612&preview_nonce=c29c90cc0f&preview=true) sulla linea dell’astensione e dalle parole pronunciate sabato 12 marzo da Matteo Renzi (“Il quesito non ha buon senso“), ha invece irritato la minoranza Pd e i governatori Dem.
“Chi ha deciso l’astensione? Non la condivido affatto“, ha protestato per primo Roberto Speranza.
E Gianni Cuperlo ha annunciato che andrà a votare.
Per la minoranza dem la scelta di astensione nel referendum sulle trivelle è «contro la democrazia», «rinnega la storia della sinistra», è «irresponsabilità politica», è addirittura «anticostituzionale».
«Come possiamo chiedere ai nostri elettori polesani di astenersi dal voto al referendum sulle trivellazioni? Spero che il governo decida di lasciare la libertà di coscienza tenendo in considerazione quei territori in cui il problema è molto sentito, come il Polesine».
Con queste parole il 19 marzo 2016 il parlamentare del Pd Diego Crivellari ha replicato alla presa di posizione della maggioranza del suo partito che sembra aver preso la decisione politica di astensione al referendum sulle trivellazioni del 17 aprile.
Diego Crivellari
«Devo dare merito al governo di aver lavorato per modificare la legge di stabilità e aumentare le restrizioni – ha continuato Crivellari –. Tanto è vero che dei 6 quesiti inizialmente proposti per il referendum ora ne è rimasto soltanto uno».
E mentre il Pd nazionale si è schierato per l’astensione, con i vicesegretari che sostengono l’inutilità del referendum le cui spese sarebbero meglio impegnate in altri settori, il parlamentare polesano sembra essere di altro avviso e chiede al suo partito maggiore flessibilità.
«Nel nostro territorio – dice Crivellari – il problema è molto sentito: esistono comitati, forze sociali, sono state fatte mobilitazioni popolari ed ora diventa davvero difficile anche solo pensare di propagandare l’astensione. Aspetto le indicazioni che usciranno dalla direzione di partito di lunedì, però spero che il governo trovi una soluzione mediata, tenendo conto delle specificità e lasciando ai territori la libertà di decidere se andare a votare o meno».
Ancora più decisa la posizione del consigliere regionale del Veneto Graziano Azzalin che si è schierato contro il suo partito.
Graziano Azzalin
«Invitare ad astenersi sul referendum contro le trivellazioni è un errore che pagheremo pesantemente – spiega Azzalin –. Non posso condividere questa posizione che contrasta con le battaglie che abbiamo condotto in questi anni e affossa l’etica politica del partito. Il tema delle estrazioni, a livello territoriale, è forte e sentito dal Veneto alla Puglia – continua il consigliere –. In Polesine portiamo ancora le cicatrici dei disastri causati dalla subsidenza a seguito delle estrazioni sospese per legge 50 anni fa proprio per arrestare lo sprofondamento del territorio e il dissesto idrogeologico. A noi non si può dire che le estrazioni non hanno conseguenze. Non esistono ordini di scuderia che possono fermare il mio impegno in difesa del territorio che rappresento. Il 17 aprile sarà un grande giorno per la democrazia e non voglio sprecare questa occasione».