Venerdì 23 novembre 2018 si è tenuta presso la Biblioteca della Casa del Parco del Pineto una utile assemblea organizzata da “Quelli del Pineto” su quello che potrebbe accadere nelle aree naturali protette dopo che il Consiglio Regionale del Lazio ha approvato una legge (la n. 7 del 22 ottobre 2018) che, con alcuni articoli, ha modificato per la 23° volta le “Norme in materia di aree naturali protette regionali” (l.r. n. 29/997).
La preoccupazione principale che ha spinto “Quelli del Pineto” a promuovere una assemblea dal significativo interrogativo “Parchi a rischio?” è stato il timore che con il silenzio assenso previsto per l’approvazione dei piani di assetto di parchi e riserve ci sia ora il pericolo di speculazioni e di interventi edilizi in particolare dentro il Parco del Pineto, di cui è ancora in itinere il procedimento di revisione del suo Piano di Assetto, che è stato approvato con legge regionale n. 43 del 24 novembre 1997, poi modificato con delibera del Consiglio Regionale n. 6672 del 1 marzo 2000.
A parlarne sono stati Rodolfo Bosi, responsabile del Circolo Territoriale di Roma della associazione “Verdi Ambiente e Società”, Silvano Falocco, fondatore e direttore delle attività della “Fondazione Ecosistemi”, ed Alma Rossi, direttrice dell’Ente Parco dell’Appia Antica.
A conclusione dell’assemblea, che ha visto la partecipazione diretta anche del pubblico presente con domande riguardanti soprattutto il futuro destino del Parco del Pineto, sono emersi i seguenti chiarimenti.
Con le norme di semplificazione approvate sono stati fissati tempi certi per l’approvazione dei Piani di Assetto di parchi e riserve regionali – Il testo del 4° comma dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997, così come modificato, dispone testualmente:
«Entro tre mesi dal ricevimento di tale parere [controdeduzioni del Consiglio Direttivo dell’Ente Parco alle osservazioni presentate al Piano di Assetto adottato, ndr.] la Giunta regionale, previo esame, da effettuarsi entro il limite di tre anni, della struttura regionale competente in materia di aree naturali protette, apporta eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute e ne propone al Consiglio regionale l’approvazione. Trascorsi tre mesi dall’assegnazione della proposta di piano alla commissione consiliare competente, la proposta è iscritta all’ordine del giorno dell’Aula ai sensi dell’articolo 63, comma 3, del regolamento dei lavori del Consiglio regionale. Il Consiglio regionale si esprime sulla proposta di piano entro i successivi centoventi giorni, decorsi i quali il piano si intende approvato».
In base alle suddette disposizioni l’intera documentazione relativa al Piano di Assetto adottato, su cui prima doveva essere acquisito il parere congiunto della Direzione Ambiente della Regionale Lazio con il Comitato Tecnico Consultivo Regionale (C.T.C.R.), dovrà d’ora in poi essere esaminata solo dalla “struttura regionale competente in materia di aree naturali protette” (Direzione Ambiente, ndr.) entro al massimo tre anni: al termine di questo esame la Giunta Regionale ha tre mesi di tempo per apportare eventuali modifiche ed integrazioni, pronunciandosi contestualmente sulle osservazioni pervenute, e trasmettere la sua proposta di Piano di Assetto alla VIII Commissione Ambiente, a cui vengono dati tre mesi di tempo per esprimere il proprio parere, trascorsi i quali la proposta di Piano di Assetto è iscritta d’ufficio all’ordine del giorno dei lavori del Consiglio Regionale che si deve “esprimere” entro i successivi 4 mesi, trascorsi inutilmente i quali il piano di deve intendere approvato.
Per la definitiva approvazione dei Piani di Assetto ci vorranno d’ora in poi complessivamente 3 anni e 10 mesi.
Per l’approvazione dei Piani di Assetto di parchi e riserve regionali può scattare un doppio “silenzio-assenso” – Se entro tre mesi dalla assegnazione della proposta di Piano di Assetto congedata dalla Giunta Regionale la VIII Commissione Ambiente non esprime il proprio parere, scatta allora una prima volta il meccanismo del silenzio-assenso perché si dà per acquisito come favorevole il suddetto parere per consentire l’iscrizione automatica della proposta di Piano di Assetto all’ordine del giorno dei lavori del Consiglio Regionale: se entro i successivi 4 mesi non c’è stata alcuna “pronuncia” da parte del Consiglio Regionale, scatta allora per la 2° volta il meccanismo del “silenzio-assenso” che dà per definitivamente approvata la proposta di Piano di Assetto così come voluta dalla Giunta Regionale.
Il procedimento che è stato seguito per far passare la norma sulla approvazione per “silenzio-assenso” dei Piani di Assetto di parchi e riserve regionali – Rodolfo Bosi ha portato a conoscenza del pubblico presente che l’art. 3 della proposta di legge n. 55 del 19 luglio 2018, approvata dalla Giunta Regionale per introdurre le “DISPOSIZIONI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LO SVILUPPO REGIONALE”, esautorava del tutto il Consiglio Regionale perché prevedeva che ad approvare i Piani di Assetto di parchi e riserve fosse esclusivamente la Giunta Regionale «previo parere obbligatorio della Commissione consiliare competente».
Nel corso della seduta della IV Commissione Bilancio del 24 luglio 2018 c’è stato un fuoco di fila contro la suddetta disposizione: come riportato sul sito della Regione «al termine della discussione che ha pervaso i lavori dell’intera mattinata, si è palesata la disponibilità da parte della Giunta – presente anche l’assessora al Bilancio, Alessandra Sartore – e della maggioranza, per bocca del capogruppo del Pd, Mauro Buschini, di giungere a uno stralcio della norma contestata, attraverso un emendamento alla proposta di legge, e a un confronto per trovare un’altra soluzione che consenta di giungere all’approvazione di 17 piani dei parchi in tempi ragionevoli».
Nel corso della successiva seduta della IV Commissione Bilancio del 2 agosto 2018 «dopo ampia discussione, l’assessore Sartore ha presentato un emendamento volto a far esaminare i piani al Consiglio regionale che poi però ha 120 giorni di tempo per approvarli».
Rodolfo Bosi ha messo in risalto che in tal modo la proposta della Giunta Regionale che era stata fatta uscire dalla porta maestra è di fatto rientrata dalla finestra, perché con l’emendamento formulato dalla stessa Giunta Regionale (inserito all’art. 5 del testo definitivo) ogni futura maggioranza di turno al governo della Regione farà approvare definitivamente i Piani di Assetto così come vuole lei, dal momento che è rappresentata dalla stessa maggioranza sia in seno alla VIII Commissione Ambiente che al Consiglio Regionale, per cui – ogni volta che si volesse evitare il rischio di emendamenti indesiderati del Piano di Assetto di turno – basterà fare in modo che i rispettivi consiglieri non rispettino le scadenze che la legge così come modificata gli impone.
Bosi ha fatto notare che sul piano squisitamente “politico” con una disposizione del genere si è arrivati al paradosso che ogni consigliere regionale si dovrebbe addirittura “autopunire” per non aver contribuito a far approvare dal Consiglio Regionale un Piano di Assetto di un’area naturale protetta entro 120 giorni: si arriva per di più all’assurdo che – con una simile disposizione – il dibattito su un Piano di Assetto da approvare, se arriva a durare più di 120 giorni, magari anche per colpa delle lungaggini burocratiche, si dovrebbe interrompere immediatamente perché è scattato l’istituto del silenzio-assenso!
Rodolfo Bosi ha fatto notare altresì l’altro aspetto assurdo che si verrebbe a determinazione con una disposizione del genere, che scaturirebbe dal seguente interrogativo: se la VIII Commissione Ambiente entro il termine di 3 mesi esprime il proprio parere approvando magari all’unanimità una serie di emendamenti e di modifiche al Piano di Assetto, ma poi il Consiglio Regionale non provvede alla approvazione entro 4 mesi, qual’è il Piano di Assetto che si deve intendere approvato? Quello proposto dalla Giunta Regionale o quello modificato da dalla VIII Commissione Ambiente?.
Vizi di legittimità dei Piani di Assetto di parchi e riserve eventualmente approvati per “silenzio-assenso” – Rodolfo Bosi ha fatto sapere che in data 13 novembre 2018 l’associazione VAS ha chiesto al Governo di impugnare presso la Corte Costituzionale diversi articoli della Legge Regionale della Regione Lazio relativi a modifiche illecite della legge regionale n. 29/1997: ai presenti sono state consegnate alcune copie del Comunicato Stampa.
Rodolfo Bosi ha quindi fatto sapere i seguenti due vizi di legittimità rilevati.
Sul piano tecnico-giuridico ha fatto presente che l’istituto del silenzio-assenso per l’approvazione tacita di qualunque tipo di pianificazione non è previsto dalla normativa vigente in materia, vale a dire dall’art. 17-bis della legge n. 241/1990, che è relativo al «Silenzio assenso tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici» e che è stato introdotto dalla cosiddetta “legge Madia” n. 127/2015, dal momento che si applica a livello endoprocedimentale solo per «l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pubblici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di altre amministrazioni pubbliche», per cui – come specificato ancor più espressamente dal 1° comma dell’art. 13 della stessa legge n. 241/1990 – «le disposizioni contenute nel presente capo [tra cui rientra anche l’art. 17-bis] non si applicano nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta alla emanazione di atti … di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione.»
Per il caso specifico Bosi ha fatto notare che non risulta essere stata rispettata, anche e soprattutto sul piano “politico”, la “imparzialità” sancita dall’art. 97 della Costituzione perché un emendamento del genere arriva in totale eccesso di potere ad esautorare di fatto la stessa sovranità del Consiglio Regionale, in violazione della lettera g) del 2° comma dell’art. 23 dello stesso Statuto della Regione Lazio, ai sensi della quale fra le funzioni al Consiglio c’è quella di «deliberare, su proposta della Giunta, il piano territoriale generale dell’uso e dell’assetto del territorio ed i relativi piani settoriali», quali sono per l’appunto anche i Piani di Assetto dei parchi e delle riserve naturali istituite nel Lazio.
Ad essere esautorata è anche la VIII Commissione Ambiente se non esprime parere entro 3 mesi sulla proposta di piano congedata dalla Giunta Regionale.
Possibilità di realizzare in regime di “misure di salvaguardia” Piani di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) in deroga ai piani paesistici – Rodolfo Bosi ha ricordato al pubblico presente come è stata modificata la normativa fin dall’epoca del governo di Renata Polverini con il cosiddetto “Piano Casa”, approvato con la legge regionale n. 12 del 6 agosto 2012, che ha introdotto [alla lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997, relativa alle “misure di salvaguardia”] la possibilità di realizzare nuove costruzioni anche all’interno delle aree naturali protette in regime di “misure di salvaguardia” tramite Piani di Utilizzazione Aziendale (PUA) in deroga sia ai Piani Territoriali Paesistici (PTP) del Lazio che al Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR).
Il 28 settembre 2012 l’allora Governo Monti ha deliberato l’impugnativa in Corte Costituzionale avverso questa disposizione della legge della Regione Lazio n. 12/2012.
Per evitare la pronuncia della Corte Costituzionale su tutti i vizi di legittimità rilevati sulla normativa del “Piano Casa” della Regione Lazio la Giunta Regionale di Nicola Zingaretti, d’intesa con il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), ha approvato le proposte di legge regionale n. 75 e n. 76 del 24 settembre 2013, che immotivatamente hanno “dimenticato” la suddetta precisa censura, non voluta prendere nella benché minima considerazione nemmeno dopo che l’associazione VAS l’ha fatta presente dapprima in sede di osservazioni consegnate il successivo 7 novembre nel corso della audizione concessa alle associazioni ambientaliste dalla Commissione Ambiente e poi quando con Nota VAS prot. n. 21 del 25 novembre 2013 è stato chiesto all’allora Governo Letta di “porre un rimedio immediato a questa dimenticanza”.
La proposta di legge n. 75 è stata convertita nella legge regionale del Lazio n. 8 dell’8 agosto 2014 senza che vi venisse accolto l’emendamento che proponeva l’abolizione della modifica della lettera d) del 4° comma dell’art. 8 della legge regionale n. 29/1997: sembra che fra i motivi del mancato accoglimento del suddetto emendamento ci sia stato il ritiro del tutto immotivato da parte dell’allora Governo della sua impugnazione presso la Corte Costituzionale.
La proposta di legge n. 76 è stata convertita nella legge regionale n. 10 del 10 novembre 2014 addirittura con l’aggiunta del comma 1 bis dell’articolo 26 della legge regionale del Lazio n. 29 del 6 ottobre 1997, ad opera del comma 14 dell’art. 3 che consente anche in sede di Piano di Assetto di prevedervi «le attività e gli interventi di cui all’articolo 8, comma 4, lettera d).»
Con la legge regionale n. 10/2014 all’art. 57 della legge regionale n. 38/1999 (“Norme sul governo del territorio”) è stato aggiunto anche il seguente comma 1 bis: «Nel PUA è consentita la demolizione e la ricostruzione con sagoma diversa, la delocalizzazione all’interno della stessa azienda degli edifici esistenti legittimi, nonché la rifunzionalizzazione di tali edifici per le attività agricole e per quelle compatibili previste dal comma 6bis.
Gli interventi di ricostruzione e/o accorpamento degli edifici di cui al presente comma sono realizzati secondo i caratteri dell’edificazione agricola.»
Le suddette attività aggiunte all’art. 57 della legge regionale n. 38/1999 con i commi 1 bis e 6 bis sono diventate automaticamente possibili anche all’interno delle aree naturali protette ed in deroga ai piani paesistici, in aperta violazione quindi del 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004 con cui è stato emanato il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”, secondo cui «le previsioni dei piani paesaggistici … non sono derogabili» e conseguentemente le loro «disposizioni … sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette».
Il 27 novembre 2014 il Presidente dell’associazione Verdi Ambiente e Società (V.AS.) Guido Pollice ha fatto trasmettere per posta elettronica certificata la richiesta di impugnazione della legge regionale in questione.
Ma il Governo non ha rilevato né la violazione del D.Lgs.n. 228/2001 (“Orientamento e modernizzazione del settore agricolo!) né la violazione del D.Lgs. n. 42/2004 e non ha quindi ritenuto di impugnare presso la Corte Costituzionale la legge regionale n. 10/2014.
Con la stessa legge regionale n. 10/2014 è stato modificato ulteriormente anche l’art. 57 della legge regionale n. 38/1999 sul governo del territorio per introdurvi la “attuazione della ruralità multifunzionale”, che è stata prevista dalla legge regionale n. 14 del 2 novembre 2006 e che al 2° comma dell’art. 2 bis dispone che «ai fini delle attività multifunzionali, previa approvazione di un PUA ai sensi della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche è consentita prioritariamente sia la rifunzionalizzazione degli edifici o parte di essi presenti all’ interno dell’azienda agricola, anche attraverso la demolizione e ricostruzione e accorpamento delle volumetrie, a prescindere dalla loro destinazione d’uso, sia la nuova realizzazione di annessi agricoli ad esclusione di quelli destinati ad ospitare attività agrituristiche comunque disciplinati dall’articolo 15. Gli immobili destinati alle attività multifunzionali non mutano la loro destinazione d’uso.»
In tal modo con la legge regionale n. 10/2014 si consente di realizzare anche dentro le aree naturali protette tutta una serie di attività ed opere da parte di soggetti diversi dagli imprenditori agricoli: in attuazione della suddetta “ruralità multifunzionale” la Giunta Regionale ha approvato poi il Regolamento n. 11 del 2 settembre 2015, introducendo nuove attività economiche connesse a quella agricola e nuove modalità di esercizio del regime di connessione, in evidente difformità dalle vigenti disposizioni nazionali in materia.
Della legge regionale n. 24 del 6 luglio 1998 il governo di Nicola Zingaretti ha fatto modificare il testo del 2° comma dell’art. 18 che è relativo alle “Aziende agricole in aree vincolate”.
Con la lettera b) del 1° comma dell’art. 20 della legge regionale n. 12 del 10 agosto 2016 è stato introdotto il seguente testo tuttora vigente dell’art. 18 della legge regionale n. 24/1998: «2. Gli interventi di cui al presente articolo sono subordinati, se in deroga alle norme dei PTP, del PTPR e/o della presente legge, all’approvazione, da parte dell’organo competente, del piano di utilizzazione aziendale (PUA), secondo le modalità indicate nella l.r. 38/1999 e sono corredati del SIP di cui agli articoli 29 e 30.»
Dal momento che “l’organo competente” in materia di approvazione del PUA è un soggetto che non fa parte né del Ministero dell’Ambiente né del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, né risulta che in quella sede del procedimento di approvazione debbano essere acquisiti le autorizzazioni paesaggistiche ed i nulla osta delle Soprintendenze competenti, appare evidente la violazione del 3° comma dell’art. 145 da parte della disposizione del 2° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 24/1998.
Con la lettera c) del n. 7) del 1° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 12 del 10 agosto 2016 è stato introdotto il seguente testo, vigente prima della approvazione della legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018: «la lettera d) del comma 4 è sostituita dalla seguente: «d) le attività agricole, le attività connesse e compatibili di cui alla l.r. 38/1999 e gli interventi previsti dai piani di utilizzazione aziendale (PUA) disciplinati dall’articolo 31, dalla l.r. 38/1999 e dall’articolo 18 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico), nonché gli interventi di imboschimento e di utilizzazione dei boschi e dei beni silvo-pastorali, fatte salve le finalità di tutela della presente legge e fermo restando quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, della l. 394/1991;».
Con l’art. 5, comma 1, lettera b) numero 2) punto 2.1 della legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018 il suddetto testo è stato sostituito dal seguente: «d) le attività agricole di cui all’articolo 31», così come a sua volta modificato anche e soprattutto dall’art. 5, comma 1, lettera i), numero 7) punto 7.2, secondo cui «il PUA redatto secondo le modalità della l.r. 38/1999, previa indicazione dei risultati che si intendono perseguire, può prevedere la necessità di derogare alle previsioni del piano dell’area naturale protetta redatto ai sensi dell’articolo 26, comma 1, lettera f) ad esclusione delle normative definite per le zone di riserva integrale.»
Con una formulazione del tutto inappropriata sia della lettera d) del 4° comma dell’art. 8 che dell’art. 31 della legge regionale n. 29/1997 (si dirà più avanti nello specifico della deroga alle previsioni dei Piani di Assetto), in regime di “misure di salvaguardia” sono consentiti fra le “attività agricole” anche se non soprattutto PUA in deroga alle norme sia dei PTP che del PTPR, ai sensi del 2° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 24/1998.
Di qui, per quanto precedentemente detto, la violazione tanto del 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42 del 22 febbraio 2004 quanto del 5° comma dell’art. 9 della legge regionale n. 24/1998, relativo alla «Protezione dei parchi e delle riserve naturali».
Possibilità di realizzare Piani di Utilizzazione Aziendale (P.U.A.) anche in deroga ai piani di Assetto – Rodolfo Bosi ha spiegato il vizio di legittimità costituzionale di una simile disposizione, introdotta con la legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018.
I piani di assetto de parchi e delle riserve regionali del Lazio approvati dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 152/2016 e ss.mm.ii. sono stati redatti nel rispetto del preventivo ed obbligatorio procedimento di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) che comporta la verifica di assoggettabilità che si concretizza in un documento finale di Scoping (art. 12) con cui la Regione detta le prescrizioni per la redazione del Rapporto Ambientale che detta a sua volta le scelte del Piano di Assetto (2° comma dell’art. 14): fra le prescrizioni del documento conclusivo di Scoping ci sono sempre e comunque quelle relative al rigoroso rispetto delle prescrizioni impartite sia dai Piani Territoriali Paesistici (P.T.P.) approvati che dal Piano Territoriale Paesistico Regionale (P.T.P.R.) al momento solo adottto, con la clausola che in caso di contrasto tra le norme dei due strumenti vale sempre la prescrizione più restrittiva.
La suddetta prescrizione è sancita dall’ultimo periodo del 3° comma dell’art. 145 del D.Lgs. n. 42/2004 e ss.mm.ii. ai sensi del quale «per quanto attiene alla tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici sono comunque prevalenti sulle disposizioni contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, ivi compresi quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.»
Ne deriva implicitamente che qualunque P.U.A. che derogasse dalle previsioni di un Piano di Assetto come sopra approvato risulterebbe automaticamente in violazione della suddetta disposizione del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” e presenterebbe quindi vizi di legittimità costituzionale.
Possibilità di realizzare interventi di edilizia libera anche dentro le zone di riserva generale e le zone di promozione individuate dai Piani di Assetto – Sia la legge quadro n. 394/1991 che la legge regionale n. 29/1997 dispongono che nelle zone di riserva generale «è vietato realizzare nuove opere edilizie, ampliare le costruzioni esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio» dal momento che vi sono consentiti solo interventi di manutenzione ordinaria e di manutenzione straordinaria, mentre nelle zone di protezione sono ammessi interventi di manutenzione ordinaria, di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo.
L’articolo 9, comma 1, lettera i), della legge regionale 10 agosto 2016 ha aggiunto al comma 1 bis la lettera b bis) dal seguente testo: «previo nulla osta dell’ente di gestione di cui all’articolo 28, la realizzazione di strutture amovibili (pergolati, gazebi, pergotende e palloni pressostatici) che non comportano trasformazione permanente del territorio. Tali strutture sono da ricollegarsi ad uso temporaneo, e comunque non superiore a 6 mesi consecutivi nell’arco dell’anno solare, per fini specifici, contingenti e limitati nel tempo, con conseguente possibilità di successiva e sollecita eliminazione.»
Ora la legge regionale n. 7 del 22 ottobre 2018 ha aggiunto anche i chioschi e le tettoie fra gli interventi realizzabili anche nelle zone b) di riserva generale e c) di protezione.
Per la realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su più lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc è comunque necessaria l’autorizzazione paesaggistica semplificata.
Ma quand’anche si possano assimilare ad interventi di edilizia libera, sono pur sempre equiparabili a nuove costruzioni che in quanto tali sono vietate sia nelle zone di riserva generale che nelle zone di protezione né per esse può essere rilasciato il relativo nulla osta.
Di qui la violazione della disciplina di tutela delle suddette due zone dei Piani di Assetto di parchi e riserve del Lazio.
Al riguardo Rodolfo Bosi ha fatto presente alla Direttrice Alma Rossi che una norma del genere dovrebbe metterla in serio imbarazzo in sede di rilascio di nulla osta per interventi di edilizia libera in zona di riserva generale o in zona di protezione, perché vengono da un lato consentiti dalla disposizione aggiuntiva strutture amovibili comunque vietate nelle due suddette zone anche dalla normativa nazionale.
Formazione per “silenzio-assenso” di nulla osta relativi ad interventi di edilizia libera – Il comma aggiuntivo 1 bis dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997 dispone che ogni richiesta di rilascio di nulla osta per la realizzazione di interventi di edilizia libera, che sia presentata allo sportello unico per l’edilizia, deve intendersi accolta dopo «sessanta giorni dal ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta, decorsi inutilmente i quali il titolo abilitativo si intende reso».
Bosi ha fatto presente anzitutto che il citato art. 6 del D.P.R. n. 380/2001 disciplina la “Attività edilizia libera”, che riguarda una serie di interventi – fra i quali diversi di quelli citati alla lettera b bis) del comma 1 bis dell’art. 26 della legge regionale n. 29/1997 – che possono essere “eseguiti senza alcun titolo abilitativo”, per cui non si capisce quale sia il titolo abilitativo che si intende reso una volta decorsi inutilmente 60 giorni dal ricevimento da parte del gestore della richiesta.
Bosi ha messo in risalto in secondo luogo che ai sensi del 1° comma dell’art. 13 della legge regionale n. 394/1991, citato e quindi pienamente recepito dall’art. 1 dell’art. 28 della legge regionale n. 29/1997, la richiesta di nulla osta va presentata e quindi protocollata all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, per cui i 60 giorni entro cui rilasciare il nulla osta scattano dalla data di registrazione al protocollo dell’Ente della domanda.
Ha quindi messo in maggior risalto che nel rispetto della suddetta disposizione normativa nazionale la formazione del silenzio-assenso scatta solo e soltanto una volta decorsi inutilmente i 60 giorni dalla data di ricezione della domanda di nulla osta da parte dell’Ente Parco e non certo dalla data di “ricevimento da parte dell’ente gestore della richiesta” che per il caso specifico è lo sportello unico comunale, a cui spetta di trasmettere la domanda di rilascio all’Ente di gestione dell’area naturale protetta, che rilascia o rigetta il nulla osta entro 60 giorni dalla data di registrazione al suo protocollo della istanza.
È di tutta evidenza che se “l’ente gestore della richiesta” trasmette per assurdo la richiesta all’Ente Parco competente dopo un certo lasso di tempo (magari pari o superiore ai 60 giorni) non si può essere formato alcun silenzio-assenso, per giunta per un “titolo abilitativo” che non esiste.
Il “nepotismo politico” delle nomine dirigenziali per la gestione di parchi e riserve – Per dare il quadro che si è venuto a determinare nella gestione delle aree naturali protette regionali, Rodolfo Bosi ha voluto alla fine mettere in evidenza come gli organi di gestione di parchi e riserve siano stati sempre più costituiti da persone che, anziché rispondere ai requisiti prescritti dalla legge (vale a dire che «che si siano distinte per gli studi e per le attività nel campo della protezione dell’ambiente con comprovata esperienza di gestione ed adeguato curriculum»), vengono invece selezionate nel più rigido rispetto del cosiddetto “Manuale Cencelli”, in base al quale ad ogni gruppo politico spettano delle “poltrone” in proporzione alla percentuale dei voti raggiunta nell’ultima elezione.
La “politicizzazione” della gestione di parchi e riserve ha raggiunto il suo culmine quando la Regione Lazio ha deciso di non insediare più i Presidenti ed i Consigli Direttivi, preferendo il Commissariamento di tutti gli Enti di gestione.
Fino al 2010 i Presidenti degli Enti di gestione venivano scelti nella roda delle candidature pervenute a seguito di apposito avviso pubblico.
Quando dal 16 aprile 2010 Presidente della Giunta Regionale è diventata Renata Polverini, con suoi specifici Decreti emanati il 12 agosto del 2010 è stato messo in atto il 1° generale commissariamento di tutti gli Enti di gestione delle aree naturali protette regionali, con la motivazione che il periodo estivo non consentiva di insediare i nuovi Consigli Direttivi: i Commissari Straordinari nominati avevano per lo più una chiara provenienza politica di centro-destra..
I Commissari Straordinari hanno a loro volta nominato altrettanti Direttori “Facenti Funzioni”.
I suddetti Commissari Straordinari avrebbero quindi dovuto restare in carica fino all’insediamento dei nuovi organi: sono rimasti invece in carica fin oltre il 12 marzo 2013 che ha registrato la fine del mandato del Presidente Renata Polverini, a cui è subentrato l’attuale Presidente della Giunta Regionale Nicola Zingaretti.
Con Deliberazione della Giunta Regionale n. 164 del 3 luglio 2013 è stato deciso di sostituire i Commissari Straordinari nominati dalla Polverini mettendo in atto il 2° generale commissariamento, con la motivazione – stavolta specificata in ognuno dei successivi Decreti emanati da Nicola Zingaretti il 31 luglio 2013 – che «si è deciso di procedere, nelle more della riforma della normativa regionale concernente il sistema della aree naturali protette regionali, al commissariamento dell’Ente regionale sopra menzionato, fino alla nomina dei nuovi organi di amministrazione secondo quanto previsto nell’ambito della riforma stessa e dall’art. 55, comma 3, dello Statuto regionale e, comunque, non oltre il 30 settembre 2014».
Il 31 luglio 2013 il Presidente della Giunta Regionale Nicola Zingaretti ha così firmato 13 distinti decreti con cui ha nominato i nuovi Commissari Straordinari che hanno sostituito anche per un periodo maggiore quelli nominati da Renata Polverini rimasti in carica per ben 3 anni: i Commissari Straordinari nominati avevano per lo più una chiara provenienza politica di centro-sinistra.
Per quanto riguarda la nomina dei Presidenti degli Enti di gestione delle aree naturali protette, che prima spettava al «Consiglio regionale su una terna di nominativi proposti dalla Giunta regionale, sentiti i sindaci dei comuni ricadenti nel territorio dell’area naturale protetta», con la legge regionale n. 10 del 2 aprile 2016 spetta al «Presidente della Regione, ai sensi dell’articolo 55, comma 3, dello Statuto, sentito l’Assessore competente in materia di ambiente».
In tal modo, alla scadenza dell’incarico dei Commissari Straordinari, il Presidente Nicola Zingaretti nella precedente consiliatura ha insediato come Presidenti quasi tutti i Commissari Straordinari uscenti, senza nessun procedimento di evidenza pubblica.
Nella attuale vigente consiliatura il governatore Nicola Zingaretti avrebbe dovuto insediare entro il 3 luglio 2018 tutti i Presidenti ed i Consigli Direttivi degli Enti di gestione di parchi e riserve: a tutt’oggi ha provveduto a decretare in grave ritardo le nomine soltanto di 7 Presidenti.
Bosi ha fatto notare che lo stesso “Manuale Cencelli” viene messo in pratica per le nomine dei Direttori
Autonomia limitata degli Enti di gestione di parchi e riserve – La direttrice Alma Rossi ha ricordato al pubblico presente quali sono gli strumenti di gestione di ogni Ente ed ha citato il Piano di Assetto, il Regolamento ed i Nulla Osta.
Rodolfo Bosi ha integrato questa informazione facendo presente che strumento di gestione non certo secondario è anche il “Programma Pluriennale di Promozione Economica e Sociale”, la cui redazione ed adozione spetta ad ogni Comunità del Parco (ad eccezion e dell’Ente Roma Natura che non ha Comunità): costituisce di fatto lo strumento di attuazione del rispettivo Piano di Assetto mediante singole specifiche schede progetto, da inserire man mano nei bilanci di previsione.
La maggior parte degli Enti di gestione non si è dotata di “Programma Pluriennale di Promozione Economica e Sociale”, ma quand’anche lo avesse fatto non potrebbe comunque inserire in bilancio pluriennale gli interventi da esso previsti, perché la Regione Lazio ha imposto che i bilanci debbano rispettare le “linee guida” dettate al riguardo dalla Giunta regionale, ai sensi della lettera b) del 2° comma dell’art. 18 della legge regionale n. 29/997 che testualmente recita: «La Giunta regionale in particolare: a) emana direttive per la gestione delle aree naturali protette allo scopo di assicurare la conformità agli obiettivi della presente legge e di garantire l’attuazione degli indirizzi della programmazione regionale, nel rispetto delle diverse specificità territoriali».