Il cactus di 200 anni, simbolo dell’Arizona, è morto a causa di una forte tempesta che ha colpito lo stato.
Il saguaro, alto oltre 9 metri, sorgeva nel Catalina State Park ed è spuntato nel deserto molto prima che l’Arizona diventasse il 48esimo stato americano nel 1912.
Era meta di pellegrinaggio dei turisti, è stato dipinto da molti artisti, mentre gli animali spesso cercavano riparo sotto l’enorme cactus.
E’ sopravvissuto a siccità e monsoni, al caldo torrido e a ondate di freddo, a razzie di cowboy e bestiame, ma non alle piogge torrenziali di quest’ultimo agosto che hanno ammorbidito troppo il terreno causando così il crollo a terra della pianta che si è spaccata in diversi pezzi.
La sua morte ha suscitato un’ondata di tributi e ricordi: “È come se la Gioconda fosse stata trafitta in qualche modo – ha detto Neil Myers, paesaggista che ha dipinto il cactus – Il modo in cui incombeva su di te era semplicemente bellissimo”.
Ma il suo crollo ha anche riacceso le preoccupazioni per le minacce ambientali che devono affrontare i saguari: gli scienziati che studiano questo tipo di cactus infatti affermano che il clima estremo è un problema crescente che potrebbe ridurre il loro numero complessivo.
Anni di siccità e piogge monsoniche nella regione possono far morire i cactus, secondo i biologi del Parco Nazionale del Saguaro fuori Tucson.
Soprattutto a rischio è la sopravvivenza delle giovani piante, che a causa delle loro dimensioni non possono immagazzinare l’acqua in modo efficiente come quelle più vecchie.
Ma “allo stesso tempo, tempeste sempre più intense possono danneggiare anche i cactus più resistenti – ha spiegato Cam Juarez del Parco Nazionale del Saguaro – E’ un’arma a doppio taglio.”
(Articolo pubblicato con questo titolo il 2 settembre 2022 sul sito online “Ambiente & Veleni” del quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)