SEPOLTURA DI NERONE
Con il nome di “La sepoltura di Nerone” era chiamata una tenuta di 672,92 ettari che è stata di proprietà di Alessandro Manzoni.
La “Tomba di Nerone” dal Catasto di Alessandro VII, 1660. Particolare.
Da A.P. Frutaz Le Carte del Lazio, I-III, Roma 1972.
TOMBA DI NERONE
Con tale nome è indicato oggi il quartiere “Tomba di Nerone” e la zona toponomastica LIII dell’Agro Romano.
VIA TOMBA DI NERONE
Via Tomba di Nerone è una traversa senza uscita che dal lato occidentale di via Cassia arriva alla campagna, affacciandosi sulla Valle dell’Insugherata. (vedi sopra 1° immagine)
VIA VIBIO MARIANO
Via Vibio Mariano è una traversa che dal lato orientale di via Cassia arriva a via Gallese.
MEMORIE STORICHE
Al km 9.800 di via Cassia si trova il monumento funebre: un’epigrafe su uno dei lati lunghi del sarcofago, che non si affaccia sull’attuale tracciato della via Cassia) presenta un’iscrizione in cui si precisa che il nome del defunto è Publio Vibio Mariano.
Se ne riporta di seguito la traduzione: «Monumento sacro agli Mani, alla memoria egregia di Publio Bivio Mariano figlio di Publio Procuratore e preside della provincia di Sardegna due volte. Pimipilo Tribuno delle Coorti (X° Pretoria-XII° Urbana-IV° dei Vigili), Prefetto della Legione Italica della III Gallica, Centurione frumentario oriundo dall’Italia da Italia Dertona Venezia Giulia: padre soavissimo ed alla madre amatissima, Regina Massima, l’illustrissima figlia ed erede Viaria Maria Massima».
Alla tomba, benché appartenga a Publio Vibio Mariano, è legata una inspiegabile leggenda che ha attribuito il monumento all’imperatore Nerone: la memoria leggendaria riguardante le vicende legate al nome del famigerato imperatore Nerone, che ha riempito Roma nel Medioevo, ha sempre evocato, per tradizione, nell’immaginario collettivo, immagini drammatiche o addirittura fosche.
Non poteva essere diversamente per la localizzaione della sua sepoltura, che per leggende tramandatesi è stata individuata in luoghi diversi e spesso per pura fantasia popolare: è il caso, appunto, di questo monumento sepolcrale detto “Tomba di Nerone” situato sulla Cassia, diventato poi il toponimo da cui ha preso nome il quartiere omonimo.
Il sabato santo del 774 Carlo Magno fu ricevuto alle porte di Roma dalle milizie romane presso la Tomba chiamata già a quell’epoca di Nerone.
Il poeta Giuseppe Gioacchino Belli ha infine ricordato la località nel sonetto “Un deposito”:
Dove nasce la Cassia, a manimanca,
no a Pontemollo, tre mija più lontano,
ce sta come un casson de pietra bianca
o nera, cor P.P de posa-piano.
Lì, a Romavecchia, ha ditto l’artebbianca,
se sotterronno un certo sor Mariano
che morze de ‘na palla in una cianca
a la guerra indov’era capitano.
Dunque, o qui er morto è stato sbarattato;
e allora me strordisco draggione
ch’er Governo nun riabbi rimediato;
o chi ha scritto er epitaffio era un cojone:
perché, da sì ch’er monno sì é creato,
questa è la sepoltura di Nerone
Napoleone, affascinato dall’astro dell’aeronautica francese e primo paracadutista del mondo, il colonnello Jacques Garnerin, il 3 dicembre 1803 nella chiesa di Notre Dame a Parigi fece celebrare l’evento della sua incoronazione con il lancio di 6 palloni aerostatici per la conquista della spazio aereo: uno di questi, il più grande ed il più belòlo, sorreggeva un’aquila reale ed una corona con la scritta a lettere d’oro sulla fascia equatoriale del pallone stesso: “Paris, 25 FRIMAIRE, an XII, courenment del l’Empereur Napoleon par S.S. Pie VII”: fu chiamato “le ballon sacre” in onore alla consacrazione di Napoleone ad Imperatore.
La navicella trasportava anche una lettera scritta di pugno da Garnerin, nella quale l’inventore sarebbe stato grato a chi gli avesse indicato il luogo della discesa per poterlo recuperare.
Il 17 dicembre il pallone, dopo aver superato le Alpi e percorso gran parte della penisola italian, apparve nel cielo di Roma a bassissima quota: fra l’attenzione dei Romani l’aerostato scese lungo la via Cassia ed andò ad urtare la cosiddetta “Tomba di Nerone”: storia e leggenda attribuiscono all’episodio l’esplicitazione di un presagio maledetto sul destino di Napoleone Bonaparte, che si avverò puntualmente dieci anni dopo a Waterloo.
L’urto della navicella sul coperchio del sarcofago provocò il distacco dell’aquila e di parte della corone imperiale, alleggerendo l’aerostato che riprese quota fino al lago di Bracciano dove precipitò all’altezza di Trevignano: raccolto da pescatori, fu consegnato al Duca di Mondragone che spedì il messaggio di Garnerin al cardinal Con salvi, essendo Pio VII ancora a Parigi per l’incoronazione.
I resti dell’aerostato, ormai irrecuperabile per le ascensioni, rimasero in custodia ai Musei Vaticani per 170 anni, fino a che fu consegnato il 30 luglio 1978 al Museo dell’Aeronatuica Militare nel corso di una udienza privata del Papa Paolo VI a Castel Gandolfo, con una dedica autografa consegnata al Gen. S.A. Giusepe Pesce.
Il reperto si trova oggi al Museo Storico di Vigna di Valle ed è conservato dentro una campana di vetro nel padiglione “Troster”.
Pallone aerostatico Garnerin. Hangar Trosten, Museo Storico dell’aereonautica a Vigna di Valle
LA COSTRUZIONE
Gli autori antichi ci hanno lasciato di lui l’immagine sfregiata di chi ha avuto come testamento una storiografia ostile; non meno pesante fu il giudizio che ebbero i cristiani credendolo l’Anticristo.
Ma è con il medioevo che il personaggio storico verrà traslato in una dimensione astratta, simbolo di malvagità e nefandezza.
Da quel momento nacquero leggende sul suo ritorno in vita e così il suo “spirito dannato” infestò quei luoghi che la fantasia popolare deputò legati alla sua persona.
culto che il popolino romano ancora tributava a Nerone.
Seguendo questa ipotesi si racconta che per far tacere il malcontento del popolo venne diffusa la notizia che i resti dell’imperatore erano stati portati in un mausoleo sulla via Cassia.
Il grande sarcofago marmoreo datato al III secolo d.c. si erge su un alto basamento in laterizio frutto di un restauro del secolo scorso; la decorazione interessa la fronte, i lati corti e il coperchio a doppio spiovente, che sormonta l’arca.
Una tabula biansata fa da cornice all’epigrafe che occupa la parte centrale della fronte del sarcofago; due Dioscuri con lancia e cavallo inquadrano l’iscrizione, mentre il rilievo delle due colonne ai margini della fronte chiudono la decorazione.
Sarcofago di Vibio Mariano. Rilievo della fronte con iscrizione.
Da E. Equini Schneider.
Brusco è il distacco che si ha nell’osservare la resa del rilievo che interessa i lati corti rispetto alla fronte: forse è stato eseguito da un aiuto di bottega che ancora mostra incertezza nello stile, poco raffinato e nella sommaria cura dei particolari.
L’altra ipotesi vede questo bassissimo rilievo come aggiunta decorativa realizzata in un secondo momento.
Ad ogni modo i lati corti sono interessati dalla raffigurazione di due Grifi Alati, uno su ciascun lato: sul fianco sinistro l’animale è ritratto imberbe proteso in un poderoso salto che lo lascia a mezz’aria nel vuoto della lastra.
Sarcofago di Vibio Mariano. Rilievo del fianco sinistro.
Da E. Equini Schneider
Sul fianco destro, l’altro Grifo, barbato, atterra su una la testa taurina.
Sarcofago di Vibio Mariano. Rilievo della decorazione del fianco destro.
Da E. Equini Schneider
Il coperchio è interessato da tre soggetti iconografici differenti: negli acroteri frontali Vittorie Alate sostengono Trofei, in quelli laterali due Aquile con ali spiegate trattengono nei loro artigli un Serpente, mentre le antefisse del tetto sono decorate dalla figura stante di soldato con scudo, lancia ed elmo, purtroppo poco visibile per lo stato conservativo del monumento, attributi che richiamano la figura di Marte Ultore.
Tutto l’apparato decorativo del sarcofago è pertinente al linguaggio iconografico dell’arte ufficiale, anche se la resa qualitativa non è delle migliori.
I Dioscuri protettori dei cavalli e degli eserciti rientrano nel simbolismo funerario come allegoria della resurrezione e dell’immortalità.
I Grifi tema frequente nel repertorio funerario romano, animali dell’apoteosi imperiale, mostrano qui dettagli compositivi singolari, poco noti (la resa della testa taurina ), che ha indotto a pensare ad una “interpretazione tarda del motivo”, con un certo gusto popolare.
La decorazione del coperchio ricca di soggetti vede alternarsi l’Aquila e il Serpente, simboli del trionfo terreno e di vittoria militare, Marte Ultore simbolo dell’armata romana e le Vittorie con Trofei chiamate a rappresentare le virtù militari del defunto.
Sul piano semantico quindi la figurazione che si staglia sulla fronte e sul coperchio segue una logica precisa, un filo rosso continuo che utilizzando temi ufficiali di trionfo è volto a celebrare, nel privato, l’apoteosi del defunto, funzionario dell’ordine equestre.
L’iscrizione (CIL VI, 1636) è testimone della realtà storica del monumento, fatto per Publio Vibio Mariano e per sua moglie Regina Massima.
A dedicare l’epigrafe, che ripercorre il cursus honorum ossia la carriera militare condotta da Vibio Mariano nel corso della sua vita, fu la figlia Vibia Maria Massima.
Dal sarcofago e nello specifico dalla sua posizione rispetto all’odierna via Cassia si può ricavare anche un’altra informazione, che riguarda la viabilità e più in generale è un prezioso riferimento per la topografia antica. Infatti oggi passando davanti al monumento ciò che si vede è il suo quarto lato, quello liscio senza rilievi, ne iscrizioni, cioè quello che non era visibile in antichità.
La fronte del sarcofago invece si affaccia in direzione opposta all’attuale strada in direzione dell’antico tracciato della via Cassia, poiché doveva essere visibile a chi passava di lì.
Nell’antichità quest’area era chiamata mansio ad sextum, ossia il monumento si trovava al sesto miglio della via (ad sextum), dove era presente una delle stazioni di tappa (mansio) nelle quali chi viaggiava poteva fare rifornimento; queste stazioni erano dislocate lungo le vie.
FONTI ICONOGRAFICHE
Roma ad terzium lapidem: monumentum marmoreum”, incisione di A. Lafrery, 1551
Joachim von Sandrart (1606-1688)
Jan Franz van Bloemen (1662- 1749)
Anno 1795
Anno 1815
Anno 1828
Giovanni Battista Piranesi – Le antichità Romane. Tomo III, tav. XIV. // Opere di Giovanni Battista Piranesi, Francesco Piranesi e d’altri. Firmin Didot Freres, Paris, 1835-1839.
Acquaforte di Tommaso Cuccioni del 1840. Da privato
Sepolcro di C. Vibio Mariano detto di Nerone – incisione di Antonio Aquaroni (1801-1874)
Tomba di Vibio Mariano. Foto primi anni del ‘900.
Archivio Storico S.A.R.
Tomba di Vibio Mariano. Foto primi anni del ‘900.
Archivio Storico S.A.R.
Da Fabrizio Vistoli (“Tomba di Nerone”: un’esperienza di studio e ricerca sul suburbio romano)
Dott. Arch. Rodolfo Bosi