L’anomalia che ha caratterizzato il percorso del Governo Conte, composto in realtà da tre Governi, uno facente capo al Ministro dell’Interno, l’altro al Ministro dello Sviluppo Economico, in permanente conflitto tra loro, il terzo, con funzioni di mediazione e di composizione delle diatribe, in capo al Presidente del Consiglio, si perpetua nell’inglorioso finale.
D’altra parte non poteva che essere così per un Governo nato non su un programma, ma su un “contratto”, come tale frutto di un compromesso, suscettibile di diverse interpretazioni, anche opposte, come l’esperienza dell’ultimo anno ha dimostrato, su argomenti molto sensibili quali la gestione del fenomeno migratorio, reddito di cittadinanza, quota cento per le pensioni, autonomia regionale differenziata, riforma della giustizia e TAV.
Divisi su tutto, nel Governo hanno coesistito maggioranza e opposizione, in ciò agevolate dalla sostanziale inconsistenza delle altre forze politiche, alcune delle quali hanno anche tenuto un atteggiamento ambiguo nei confronti di una componente governativa (Lega), con la quale si erano presentate unite nelle ultime elezioni nei collegi uninominali e, da esse, più volte, invitata a provocare la crisi, per l’immediato ritorno alle urne in reiterata coalizione.
L’anomalia ha trovato la sua consacrazione nella fase conclusiva (almeno così pare, anche se il dubbio è lecito, con il conseguente rischio che si trasformi in farsa) avviata qualche giorno fa da dichiarazioni del Ministro dell’Interno, che ha manifestato il venir meno del sostegno della Lega al Governo.
Ciò in pendenza di una mozione di sfiducia individuale, presentata al Senato, nei suoi confronti, da parte dell’opposizione parlamentare.
Tuttavia, a tali dichiarazioni non hanno fatto seguito né le dimissioni dei Ministri leghisti, né quelle del Presidente del Consiglio, come, invece, avrebbero imposto le regole delle crisi politiche nel sistema parlamentare.
Non solo, ma il Presidente del Consiglio ha chiesto di rendere comunicazioni al Senato, incombente fissato dall’Aula medesima, all’esito del voto del 14 agosto, per il prossimo 20 agosto.
Pertanto, questa è la situazione:
- È pendente al Senato mozione di sfiducia individuale nei confronti del Ministro dell’Interno.
- Il Governo è sfiduciato da una sua componente essenziale, la Lega, che, tuttavia, mantiene i propri Ministri nel Governo medesimo.
- Il Presidente del Consiglio ha chiesto e ottenuto di riferire al Senato, non si comprende che cosa.
Il tutto nel pieno periodo feriale ferragostano (ulteriore singolarità).
È evidente che questa situazione paradossale, come tale, aperta a qualunque esito, mina ulteriormente la credibilità del Governo e quella europea ed internazionale dell’Italia.
Il rispetto delle regole della forma di governo parlamentare, fondata sul rapporto politico di fiducia, e la necessità di evitare grave pregiudizio al Paese dovrebbero indurre il Presidente del Consiglio a rassegnare immediate dimissioni, per consentire al Capo dello Stato di avviare le consultazioni e addivenire, nel più breve tempo possibile, alla soluzione del paradosso con il doveroso chiarimento: o nuovo Governo o elezioni anticipate, per ripristinare la corretta dialettica democratica!
DANIELE GRANARA
Docente di Diritto costituzionale nell’Università di Genova e di Diritto regionale nelle Università di Genova e “Carlo Bo” di Urbino