(Dal resoconto stenografico della seduta del 29 luglio 2019)
Discussione generale
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il consigliere Cacciatore.
Ne ha facoltà.
CACCIATORE (M5s). Grazie, Presidente.
Ritengo assolutamente dovuto il mio intervento, chiedendo ai colleghi di saper distinguere l’intervento di un Consigliere da quello di un Presidente di Commissione, che per tre mesi ha svolto il lavoro come da Regolamento e il Regolamento non fa sconti, una Presidenza porta avanti gli atti e li conduce in porto per quello che riguarda lo spazio della Commissione.
Già in apertura tengo a ringraziare tutti i colleghi membri della Commissione che hanno partecipato assiduamente, e senza fare nomi sanno benissimo i colleghi a chi mi sto riferendo.
Tanto per cominciare qualche piccola annotazione di sorta.
Io non sono un tecnico, però mi piacerebbe fare qualche considerazione da umile studente della materia e anche da cittadino.
Il PTPR è un Piano innanzitutto paesistico e poi territoriale, è un Piano territoriale di settore, quindi, votato allo sviluppo, ma che tiene ben fissa la priorità sul rispetto, la valorizzazione, la preservazione dei beni paesaggistici e archeologici.
Lo dice bene il Codice Urbani, che fa una sorta di lista alla quale il PTPR si rivolge, elementi essenziali che il PTPR non può avere, e tra questi non trovo l’esigenza di uno sviluppo o, meglio, trovo l’esigenza che lo sviluppo sia sostenibile.
Qui consentitemi un piccolo accento da cittadino che un po’ riporta in Aula la sua traiettoria.
Lo sanno tutti, io vengo da territori che stavano per essere dilaniati definitivamente, lo sono già stati probabilmente, ma sarebbe stata probabilmente la pietra tombale sulla vivibilità del mio territorio, la pianificazione edilizia più grande del Lazio, che non serve rinominare, a parte dire che è omonima di un santuario storico.
Ebbene, quella operazione, quella pianificazione, la più grande del Lazio (guardo chi mi ha accompagnato anche da diverse posizioni e vedute) stava per nascere senza una variante.
Quindi, la cosa più importante che ci riporta all’esigenza di avere un PTPR è che si riparta con la tutela definitiva delle aree vincolate e dei paesaggi con le relative destinazioni d’uso e, dall’altra parte, che chi si vuole insediare si presti a dei procedimenti che dimostrino la sostenibilità delle sue operazioni, cosa che fino ad oggi nel Lazio è mancata, e non è mancata dal 2007.
È mancata dal ‘98.
La legge regionale disciplina a partire da quell’anno la procedura di un PTPR che non è mai arrivato ad approvazione.
C’è la famosa “doppia vigenza” dei PTP.
L’Assessore li definiva “datati”.
Io li definirei quasi “storici”.
A volte ho sentito in Commissione professionisti che si occupano della materia.
I professionisti tante volte sollevavano il problema della semplice leggibilità delle carte dei PTP, tanto sono datati.
Chiaramente tutti d’accordo sul fatto che di una materia univoca e disciplinata ci sia bisogno, fermo restando che il PTPR non è l’unico dei Piani territoriali.
Noi abbiamo, da legge n. 38, il Piano territoriale regionale generale.
Anche quello, che deve pensare allo sviluppo, così come il PTPG provinciale, ha come grimaldello il rispetto della valorizzazione e della preservazione dei beni paesistici e archeologici.
Se l’articolo 9 della Costituzione riporta tra i suoi princìpi fondamentali la tutela paesaggistica, mentre la libera impresa è disciplinata dall’articolo 41, fuori dai princìpi generali, non è perché sia di minor conto, ma perché quella libertà di impresa si può svolgere solo laddove annovera l’importanza e la priorità dell’utilità sociale.
Altrimenti non è impresa.
È qualcos’altro, che probabilmente lede i territori che abbiamo visto sotto i nostri occhi prendere luce un po’ in tutti i quadranti della regione Lazio, soprattutto intorno alla Capitale, e che in assenza di disciplina, purtroppo, rischia sempre di più di sottoporre la vivibilità dei territori a una minaccia compromettente.
A questo punto, io vorrei fare un piccolo passaggio relativo ai lavori in Commissione.
Si è parlato di procedura abbreviata in Commissione.
Tre mesi e mezzo di audizione non direi che sia una procedura abbreviata.
Sentendo i molti soggetti di tutte le nature, di tutte le visuali, tutti condividevano che avere un PTPR che è incondivisibile, tutto…
La stratificazione storica e la sua complessità porta a non poterlo condividere tutto, ma chiaramente tutti condividevano l’esigenza di averlo, purché nel Lazio ci fosse una disciplina omogenea, concreta, definitiva.
A questo punto, dopo tre mesi e mezzo di audizioni, si arriva alla fase politica.
È innegabile che da Presidente ho assistito anche a una sorta di colpo di mano, perché, chiaramente, il problema della pubblicazione lo conosciamo tutti e sappiamo che ripubblicando saremmo probabili probabilmente subissati di altre osservazioni e questo significherebbe non avere un PTPR per un altro decennio.
Così come eravamo tutti quanti d’accordo che sulle controdeduzioni che hanno un’incidenza diretta sulle cartografie era meglio non intervenire proprio per dotare la Regione Lazio di uno strumento magari non completo, ma che intanto desse una disciplina e poi procedere dal giorno dopo a tutte le fasi e gli espletamenti che lo potessero perfezionare, dall’accordo con il MiBACT alle varianti puntuali.
Un Presidente io ritengo che in Commissione debba sempre astenersi dal votare e non deve mai essere determinante all’interno della discussione e della decisione.
Qualcuno ha definito questo ruolo da passacarte. Io me lo prendo volentieri.
Non è questo il problema.
Confesso che nel momento in cui ho visto la deliberazione che avevamo sotto esame completamente variata ho preferito continuare a non votare, ma pretendere che da quel momento in poi la nuova delibera andasse in Aula con tutti i suoi emendamenti, perché con quei nove emendamenti erano decaduti centinaia di altri emendamenti e rimanevano in piedi soltanto quelli che sarebbero stati chiaramente privilegiati perché discussi in una sede ristretta come la Commissione.
L’ho preteso e ottenuto e ci ritroviamo oggi in Aula.
È la prima volta che chiaramente discutiamo il PTPR nella sede plenaria.
A questo punto il mio ruolo di Presidente di Commissione ha avuto termine e quindi entro nel merito da Consigliere.
Da Consigliere credo di essere stato quello che ha presentato la maggior mole di emendamenti, e lo dico apertamente: questi emendamenti servono a funzionare da deterrente perché quello che è rimasto del PTPR sotto esame sia alla portata degli strumenti di tutela necessari.
Di questo PTPR cosa contesto?
Qualcosa che non ho sentito dire dai colleghi che, secondo me, non hanno approfondito abbastanza.
Le cartografie aggiornate che per paradosso ci ritroviamo su un PTPR invece più vecchio significano in molti casi impedire una ricognizione sui piani attuativi, anche quelli che sono avvenuti senza variante come è successo nel mio territorio.
Ho visto dei territori dove una norma tecnica attuativa che consentiva un deposito mezzi per fini agricoli, questa norma tecnica attuativa diventava fondamento per costruire un centro commerciale di 2.000 metri cubi.
Questo succede senza una disciplina.
A situazioni come queste ci troveremo, purtroppo, a dare legittimità senza la possibilità di tornare a ritroso e sollevare le eventuali responsabilità, anche eventualmente accollando le dovute spese al risarcimento dei territori.
Vero è che su un territorio edificato ormai non si può più pensare di rivalorizzare elementi naturali e ambientali, siamo d’accordo.
Quindi, quello che rimane di questo PTPR, all’oggetto dei miei oltre 1.000 emendamenti, al netto di quelli non imputabili, io intenderò non certo negoziare, ma battagliare per ottenerlo.
Un rappresentante dei cittadini deve ai suoi elettori e ai suoi non elettori, a tutti i cittadini che come lui vivono sulla pelle i problemi, e venendo da quel territorio so cosa significa, deve assolutamente lottare per conseguire un risultato, che in Aula si ottiene con l’alzata di mano e che serve a mettere nero su bianco nuove tutele per i cittadini.
È quello che intendo fare.
Tra i miei molti emendamenti alcuni chiaramente sono cavalli di battaglia, pertanto il centro storico di Roma, signori, è vero anche sul Piano oggetto dell’intesa lo troviamo nominalmente tutelato in maniera più stringente perché è oggetto di una convenzione UNESCO, dall’altra parte dalla Convenzione UNESCO gli atti che dovevano dare seguito e concretizzare quella tutela più stringente non sono mai entrati in vigore, anzi il Piano di gestione del sito UNESCO, e qui in parte contraddico l’Assessore, è stato firmato sotto il Commissariamento Tronca del Comune di Roma ed è stato un momento di accordo interistituzionale.
Ebbene, il Comune di Roma, il MiBACT e la Regione Lazio, lì presenti tutti e tre, hanno stabilito che il Piano di gestione, contrariamente a quanto dice il PTPR, non può portare tutele prescrittive, perché il Codice Urbani assegna le prescrizioni paesaggistiche al Piano territoriale paesistico di una Regione.
Pertanto, è lo stesso atto di gestione del sito UNESCO che rinvia al mittente questa competenza.
Allo stato dell’arte, pertanto, nonostante il comma 17 dell’articolo 43 richieda maggiori tutele, noi ci troviamo a non averle.
Allora che cosa chiedo io sui miei emendamenti?
Due cose relativamente al centro storico di Roma.
Uno, che la tutela sia continuativa, perché il centro storico di Roma è il più bello al mondo.
Quindi, intanto si tutela come si tutelano tutti gli altri centri storici.
Poi, se dei piani amministrativi, che vedano coinvolti tutti gli Enti competenti, un domani vorranno tutelare in maniera più stringente quello spazio meraviglioso e prezioso, ben venga.
Ma intanto la tutela deve essere continuativa.
Secondo: l’individuazione di questo centro storico.
Chiaramente un PTPR non si può adeguare ai PRG.
Questo è chiaro.
Vero è che parliamo di un sito UNESCO e la Convenzione UNESCO una perimetrazione la dava più ampia di tutte le cartografie che chiediamo.
Quello che io richiedo con il mio emendamento è di prendere in considerazione la cartografia di maggior tutela.
Tanto, signori, il primo progetto che sta fuori dalle Mura Aureliane, ma all’interno di un centro storico per un’altra cartografia ufficiale esce fuori in sede di VIA.
Pertanto, chiaramente, risulterà bloccante, ostativo e molto impopolare sia per gli uffici tecnici che per quelli politici che dovessero prendersene la responsabilità.
Altri emendamenti che presento credo che una maggioranza di centrosinistra non dovrebbe avere difficoltà a condividerli.
Vogliamo discariche nei paesaggi agrari, vogliamo impianti di recupero energetico, vogliamo distese di fotovoltaici sui paesaggi agrari di rilevante valore?
Io non credo.
Vogliamo antenne all’interno di questi paesaggi pregiati?
Vogliamo non riconoscere che abbiano diritto a una fascia di rispetto come dispone la stessa legge?
Non direi.
Chiaramente, altri emendamenti riguardano le premialità sulle cubature, che considero un male e continuerò a considerare un male.
Così come le distanze dei radiotrasmittenti e delle antenne, compreso il 5G, contro il quale continuo a schierarmi in maniera diametralmente opposta: debbono essere ubicati a una distanza considerevole e congruente dalle abitazioni, perché ancora non è dimostrato, secondo il principio di precauzione, che non possano far male.
Questo è lo spirito che accompagna la mia attività emendativa e la mia volontà di incidere all’interno di questo Piano.
Credo che tra uomini, guardandoci nelle palle degli occhi, come succede, ci riscopriamo tutti quanti cittadini.
A un certo punto, quando si considerano obiettivi che oggettivamente sono di tutela, che oggettivamente rientrano nel quadro dovuto da un PTPR alle comunità, da qualunque visuale e secondo qualunque colore politico si voglia affrontare la materia, credo sia impossibile, nel nome dei cittadini, non riconoscere la tutela degli interessi pubblici che, da legge e non secondo me, resta prioritaria.