Il tentativo di elargire “benefit” a campeggi e stabilimenti turistici è stato iniziato dall’allora il Ministro Tremonti nel 2005, quando ha rilasciato le seguenti dichiarazioni: “Se dipendesse da me venderei, con concessioni di cento anni, tutte le spiagge e tutti gli stabilimenti marittimi….”.
Il suo tentativo fu seppellito da una valanga di critiche, molte lanciate dal centrosinistra, lo stesso centrosinistra di cui alcuni esponenti un mese fa hanno ritirato fuori l’idea, anche se poi costretti a sconfessarla in fretta e furia: i 9 senatori del PD Chiavaroli, Fabbri, Marcucci, Vattuone, Favero, Tomaselli, Albano, Caleo, Padua unitamente alla senatrice della Lega Bruni hanno presentato emendamenti per la vendita delle spiagge identici a quello del PdL, che hanno costretto poi ad un rapido passo indietro.
Prima ancora però questo Governo ha fatto passare nella legge n. 98 del 9 agosto 2013 un piccolo comma sulle case mobili inserito nel cosiddetto “Decreto del fare” (D.L. n. 69 del 21 giugno 2013), piuttosto camuffato, tanto che alcuni l’hanno interpretato in senso completamente opposto.
In realtà il comma – pur essendo piuttosto ambiguo- sicuramente non intendeva, come sostenuto dal sito del coordinamento dei camperisti, confermare quanto già stabilito in precedenza: infatti la precedente norma classificava come “interventi di nuova costruzione” anche “prefabbricati, roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni” (…) “che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee, mentre il nuovo decreto aggiunge «ancorché siano installati, con temporaneo ancoraggio al suolo, all’interno di strutture ricettive all’aperto, in conformità alla normativa regionale di settore, per la sosta ed il soggiorno di turisti.»
Un “ancorché” che, interpretato nel modo giusto, diventa un invito a tutti i gestori dei campeggi (anche nei luoghi più suggestivi d’Italia) a trasformare le piazzole per le tende in ben più remunerative casette e bungalow, senza più la necessità di chiedere il permesso di costruire, necessario, ad esempio, anche per installare una semplice tettoia in una casa di campagna.
Questo stesso Governo ha poi emanato il Decreto Legge n. 126 del 31 ottobre 2013 recante “Misure finanziarie urgenti in favore di regioni ed enti locali ed interventi localizzati nel territorio”, poi ribattezzato “Decreto salva Roma” che in sede di conversione il 19 dicembre 2013 è stato approvato in prima lettura come Disegno di legge n. 1149 dal Senato che ha profondamente modificato il testo iniziale.
Al comma 20 è stato aggiunto il comma 20- duodevicies dal seguente testo: “Al fine di fronteggiare il grave stato di crisi del settore turistico balneare e nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali con finalità turistico-ricreative e sportive, i canoni, determinati ai sensi dell’articolo 03, comma 1, lettera b), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, applicabili alle sole utilizzazioni per finalità turistico-ricreative, sono incrementati nella misura del 3 per cento per le concessioni in essere alla data di entrata in vigore della legge 26 febbraio 2010, n. 25, che utilizzino manufatti amovibili cui alla lettera e.5) del comma 1 dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380*. I concessionari possono mantenere installati i predetti manufatti fino alla scadenza della concessione, senza necessità di nuova istanza. I manufatti devono comunque essere rimossi alla data di scadenza della concessione, permanendo solo per il periodo di durata della stessa.”
Il 22 dicembre 2013 la Camera dei Deputati ha approvato il Disegno di legge n. 1906 di conversione apportandovi delle modifiche che non hanno riguardato il testo dell’art. 20-duodevicies, diventato ora il 20-quinquiesdecies.
Il 27 ci sarà il voto finale della Camera sul decreto, che passerà poi alla approvazione definitiva del Senato prevista per sabato 28 dicembre 2013.
“Il nostro governo e la sua maggioranza parlamentare continuano a sfornare provvedimenti a favore della categoria “campeggi & stabilimenti balneari” con l’alibi della “crisi del settore turistico balneare”. Ma questo genere di provvedimenti, che favorisce il proliferare incontrollato di strutture private che devastano il paesaggio e occupano territorio comune, non può che danneggiare il turismo, in un paese che sembra deciso a distruggere il suo patrimonio culturale e naturalistico per offrire vantaggi alle tante lobbies”: è l’amaro commento che si legge sul sito http://carteinregola.wordpress.com.
Sempre secondo il suddetto sito, nel decreto SalvaRoma, approvato il 23 dicembre 2013 con la fiducia della Camera, è rimasta la sciagurata norma che “al fine di fronteggiare il grave stato di crisi del settore turistico balneare” prevede, per i concessionari di “beni demaniali marittimi, lacuali e fluviali” “con finalità turistico-ricreative e sportive” di mantenere eventuali “manufatti amovibili” installati, “fino alla scadenza della concessione, senza necessità di nuova istanza”, pagando il 3% in più del canone concessorio.
In pratica i proprietari di stabilimenti balneari, campeggi e similari su spiagge marine, rive dei fiumi e dei laghi di proprietà del demanio – cioè della collettività – che fino a oggi potevano posizionare delle strutture provvisorie e poi dovevano smontarle a fine stagione, ora potranno lasciarle fisse per tutta la durata della concessione (in genere pluridecennale).
Secondo il sito http://carteinregola.wordpress.com si tratta di un via libera legalizzato a case mobili, chioschi, verande, capannoni, persino piscine, che copriranno spiagge e aree naturalistiche di pregio, nonché spazi di proprietà pubblica, per tutto l’anno, con impatti ambientali e paesaggistici devastanti.
Sempre secondo il suddetto sito, a questo punto è urgente approfondire una serie di questioni.
Ad esempio che tipo di autorizzazioni (e di vigilanza capillare) dovranno mettere in atto gli enti pubblici preposti, dato che secondo la legge e la giurisprudenza “in presenza di opere che comunque implichino una stabile – ancorché non irreversibile – trasformazione urbanistico-edilizia del territorio preordinata a soddisfare esigenze non precarie del committente sotto il profilo funzionale e della destinazione dell’immobile” “si debba parlare di “nuova costruzione” con tutto ciò che ne consegue per quanto riguarda le concessioni edilizie, dato che le aree demaniali sono vincolate e non dovrebbero essere autorizzate strutture senza una conferenza dei servizi che valuti i progetti e senza il parere favorevole degli enti preposti ai vari tipi di tutela (ambientale, paesaggistica etc.)
Assai inquietante è poi che la norma non introduca alcun tipo di parametro e limitazione delle strutture: basti pensare, oltre all’occupazione delle aree, allo smaltimento delle acque bianche e nere, alle distanze e alle protezioni delle eventuali alberature, ecc..
E oltretutto ci sono le fasce di rispetto dei fiumi , che sempre più spesso sono soggetti a piene eccezionali: qualcuno ha pensato a quali effetti disastrosi potrebbero causare i manufatti trascinati dalla corrente?
Un altro punto tutto da chiarire riguarda la situazione dei manufatti già esistenti.
Qualcuno sostiene che con tale norma potrebbero essere cancellati addirittura i processi pendenti per le strutture realizzate abusivamente (ed è probabile che moltissime strutture esistenti lo siano).
Ma in proposito esistono leggi piuttosto chiare (come la n. 326/2003), che non contemplano tra gli abusi sanabili, le “nuove costruzioni con destinazione non residenziale” stabilendo che “non sono comunque suscettibili di sanatoria le opere abusive” “qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali (…), in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”.
Secondo il sito sulla la norma sui manufatti che da “amovibili” possono diventare fissi per tutta la durata della concessione è impossibile non sospettare una precisa regia: sicuramente la buona sorte di chi gestisce gli stabilimenti balneari sta molto a cuore ai nostri politici, in questo assolutamente “bipartisan”.
Il sito riporta il seguenti commento rilasciato il 16 dicembre 2013 a proposito del condono da Roberto della Seta (Legambiente, esponente del nuovo movimento politico ecologista “Green Italia”): “Una scelta tanto più inaccettabile, visto che proprio il settore dell’industria balneare presenta un tasso altissimo di evasione fiscale, oltre il 50% secondo l’Agenzia del Demanio: in questo modo, i “furbetti” se la caveranno a buon mercato e gli imprenditori balneari onesti verranno danneggiati da una concorrenza dolosamente sleale.
In Italia nel 2012 sono stati incassati dallo Stato solo 102 milioni di euro dai canoni demaniali a fronte di un fatturato da parte delle circa 30.000 imprese balneari che si aggira intorno ai 10 miliardi di euro.
I canoni di concessione erano stati timidamente adeguati dalla finanziaria 2007 del Governo Prodi e portati a 1,27 euro centesimo al m2 per le aree scoperte e 2,12 euro/m2 per le aree dove insistono attività.
Nessuno dei Governi che si sono susseguiti ha mai impugnato o messo mano a quella normativa.”
La vigilia di Natale il governo ha deciso di rinunciare al decreto salva Roma, in scadenza il 30 dicembre. , anche a seguito delle perplessità espresse dal Presidente della Repubblica: ad annunciare il passo indietro è stato il ministro del rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, che nel pomeriggio ha avvertito i presidenti di Senato e Camera.
Intanto il disegno di legge Milleproroghe che verrà approvato dal consiglio dei ministri del 27 dicembre regolerà le situazioni “indifferibili”, a cominciare dalle norme sulla base delle quali il comune di Roma ha approvato il proprio bilancio.