Si chiama Third Nature, è il progetto che lo studio danese Tradje Nature di Copenaghen, in collaborazione con la società di ingegneria Cowi e con Rambøll servizi finanziari, ha ideato per affrontare uno dei problemi indotti dai cambiamenti climatici nei grandi agglomerati urbani, in particolare quello degli uragani, delle alluvioni e delle bombe d’acqua.
Il progetto risponde a tre differenti esigenze, non legate tra loro: accumulare l’acqua in eccesso in occasione di inondazioni sempre più frequenti; costruire parcheggi multipiano nel sottosuolo dei centri urbani; realizzare spazi verdi in città.
Tre esigenze soddisfatte con un’unica soluzione ingegneristica e architettonica.
Gli architetti danesi, in sostanza, propongono di far fronte al continuo processo di inurbamento delle città, al progressivo peggioramento delle condizioni climatiche e all’esigenza di verde nei centri urbani con un’unica soluzione.
Si tratta di costruire un grande volume sotterraneo capace di ospitare un parcheggio multipiano che, in base alle esigenze, si solleverà e sarà anche in grado di immagazzinare l’acqua in eccesso.
Lo schema di funzionamento del parcheggio multipiano in occasione di innalzamento delle acque urbane. (Courtesy Tradje Nature)
Attraverso un sistema di scorrimento idraulico e grazie alla spinta dell’acqua, la struttura di sostegno del parcheggio viene sollevata fino a comparire nel paesaggio urbano disegnando un nuovo volume.
In sommità, con o senza la presenza di acqua, la superficie del parcheggio rimarrà attrezzata a verde e a servizi pubblici collettivi.
L’innovativo progetto di Tradje Nature, che allo stato è un prototipo ambientato in St. John’s Park a New York, si basa sul superamento della separazione delle soluzioni e punta invece sull’unicità degli interventi, in grado di massimizzare le superfici a disposizione, ridurre gli investimenti e i costi di esercizio.
Spiega Ole Schrøder, progettista dello studio: «Invece di costruire un serbatoio d’acqua piovana che rimarrà vuoto nel 99 per cento dei casi e un parcheggio monofunzionale, spesso molto costoso, abbiamo immaginato una soluzione capace di connettere clima, mobilità e vivibilità».
L’idea progettuale, denominata Pop-Up, si basa sul principio di Archimede dei corpi immersi in un fluido ed è un esempio di pensiero radicale, in cui il design e l’ingegneria complessa trovano una concreta applicazione.
Quando il serbatoio d’acqua sotto il parcheggio è vuoto la struttura funziona come un normale garage sotterraneo accessibile con una rampa.
In caso di forti piogge o uragani, l’acqua piovana viene incanalata nel deposito sottostante e, grazie alla galleggiabilità idrostatica, l’intera struttura del parcheggio si solleva emergendo dal terreno.
Render della piazza di St. John’s Park in occasione di un grande acquazzone: la struttura del parcheggio sale all’aumentare del livello dell’acqua nel serbatoio. (Courtesy Tradje Nature)
Render della piazza di St. John’s Park una volta terminato il nubifragio. (Courtesy Tradje Nature)
I cuscinetti di sollevamento di tipo idraulico-meccanico bilanceranno il peso delle auto parcheggiate nella struttura e assicureranno che la stessa si muova in modo sicuro e uniforme su e giù con i cambi di livello dell’acqua.
Per garantire galleggiabilità e stabilità, i due livelli più bassi della struttura rimarranno sempre sottoterra.
I muri di sostegno del sistema di parcheggio e le guide supplementari permetteranno alla struttura di muoversi in modo costante e sicuro quando il livello dell’acqua aumenterà e diminuirà nel serbatoio.
In ogni condizione lo spazio pubblico in superficie rimarrà accessibile alle auto e ai pedoni.
Poi, quando il sistema fognario riprenderà la sua capacità di gestire l’acqua piovana, l’acqua verrà lentamente restituita alla rete fognaria e la struttura del parcheggio ritornerà nella sua posizione originaria.
Un’idea “tre in uno” che ha il vantaggio di creare spazi urbani resilienti e vivibili e di costruire il progetto della città secondo un approccio olistico.
(Articolo di Pietro Mezzi, pubblicato con questo titolo il 21 gennaio 2018 su “Abitare” del Corriere della Sera)
N.B. – Si tratta di una progettazione che dovrebbe essere presa in considerazione dalle amministrazioni comunali italiane più soggette ad alluvioni e bombe d’acqua