Il Consiglio dei Ministri ha fatto un bel regalo di Natale al Gruppo Snam e alla speculazione energetica più becera.
Come si ricorderà, nella seduta di venerdi 22 dicembre 2017, ha deciso “la condivisione dei pareri favorevoli, con condizioni, espressi in conferenza di servizi nel procedimento di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio nella Regione Abruzzo della Centrale di compressione gas di Sulmona, proposta dalla società Snam Rete Gas S.p.a.
La delibera tiene in considerazione la rilevanza energetica e il carattere strategico dell’opera, necessaria per la sicurezza degli approvvigionamenti energetici a livello italiano ed europeo”.
Il progetto della centrale di compressione del gas di Sulmona è una parte del gasdotto “Rete Adriatica”, il ben noto gasdotto dei terremoti, ed è pesantemente contestato dalla popolazione.
L’area è fortemente a rischio sismico, come l’intero Appennino fra Abruzzo, Lazio, Umbria e Marche.
Ma il gasdotto “Rete Adriatica” interessa parecchio, perché costituirebbe un utile prosecuzione ulteriore rispetto ai gasdotti già esistenti al gasdotto T.A.P., la cui realizzazione è stata recentemente avviata.
L’obiettivo è stato dichiarato con enfasi nelle campagne pubblicitarie del Gruppo Snam effettua: “diventare l’hub europeo del gas”.
In parole povere, il gas che arriverà attraverso le nuove infrastrutture sarà rivenduto ai Paesi del centro Europa.
In realtà, dal 2005 al 2015 i consumi di gas naturale sono diminuiti praticamente in tutta Europa, solo in Italia c’è stato un modesto aumento, confermato nel 2016 (+ 5,2%): sono stati immessi in rete 68,8 miliardi di metri cubi (2016), quantitativo comunque ben lontano dai livelli pre-crisi del 2008 (-16,7%).
Non vi quindi sono aumenti della richiesta di gas naturale.
I consumi di gas, nel nostro Paese, non hanno mai superato gli 85 miliardi di metri cubi l’anno, mentre le infrastrutture esistenti (metanodotti e rigassificatori) hanno la ben superiore capacità di importazione di 107 miliardi di metri cubi annui.
Abbiamo, inoltre, un’ottima diversificazione degli approvvigionamenti di gas: l’85-90% viaggia in gasdotti che arrivano dal nord Europa (Olanda e Norvegia), dall’Est (Russia) e dall’Africa (Algeria e Libia). Inoltre sono operativi due rigassificatori (Rovigo e Panigaglia) che danno circa il 15% del gas consumato in Italia.
Gli impianti di stoccaggio (8 strategici principali, 15 miliardi di metri cubi) sono in mano alla Stogit s.p.a., controllata dalla S.N.A.M. anch’essa.
In buona sostanza, la questione centrale in Italia non è la carenza di gas, piuttosto la gestione del sistema gas, svolta in regime di sostanziale monopolio.
Una corretta gestione potrebbe evitare qualsiasi genere di emergenza per gli approvvigionamenti.
Ciò che non quadra è perché un’operazione puramente commerciale, che ha per scopo quello di portare enormi profitti nelle casse dell’Eni e della Snam, debba essere pagata dai nostri territori e dalle nostre popolazioni in termini di rischi e costi elevatissimi per la salute, la sicurezza, l’ambiente e le economie locali.
Per far capire al Governo Gentiloni che aria tira in procinto delle prossime elezioni politiche della primavera 2018, il sindaco di Sulmona Annamaria Casini e altri 22 colleghi sindaci della Valle Peligna (l’area più direttamente interessata) riconsegneranno la fascia tricolore al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, se la folle decisione non sarà revocata.
Naturalmente, anche qui il Gruppo d’Intervento Giuridico onlus continuerà a battersi, fino in fondo, insieme a comitati, associazioni, residenti, amministrazioni locali.
Gruppo d’Intervento Giuridico onlus
da Il Fatto Quotidiano, 28 dicembre 2017
Annamaria Casini si oppone al via libera alla centrale di compressione del gas che il governo vorrebbe costruire nel suo territorio: “Un gesto estremo e necessario.
Non ci ascolta nessuno”.
L’impianto è uno degli snodi del metanodotto della Rete Adriatica che trasporterà anche il gas del Tap: “C’è la volontà di accelerare il tutto”, dice.
Altri 22 colleghi abruzzesi la seguiranno a Roma il 29 dicembre, quando incontrerà Paolo Gentiloni: sono pronti a riconsegnare la fascia tricolore.
Si è dimessa e andrà a Roma per consegnare la fascia tricolore al premier Paolo Gentiloni. Un “gesto estremo e necessario” perché la sua città “è stata violentata dal cinismo della politica e dei partiti”. Per Annamaria Casini, sindaca di Sulmona, la decisione del Consiglio dei ministri di autorizzare la costruzione della centrale di compressione gas di Snam dimostra lo “scollamento” e la “disarmante distanza” da parte delle istituzioni nazionali nei confronti delle comunità locali.
Non a caso, altri 23 sindaci della zona sono pronti a sfilarsi come lei la fascia tricolore. Una ribellione, una rivolta dei primi cittadini della Valle Peligna contro un progetto in ballo da oltre dieci anni che la popolazione e gli enti locali non vogliono. Nemmeno la Regione Abruzzo, che si dice pronta a ricorrere al Tar dopo la riunione a Palazzo Chigi dello scorso 22 dicembre che ha dato il via libera alla centrale, snodo dei 678 chilometri della Rete Adriatica di Snam che collegherà la Puglia a Minerbio, in provincia di Bologna, e trasporterà anche il gas in arrivo con il Tapa Melendugno.
Un filo rosso, il Trans Adriatic Pipeline, in questa storia. “È evidente – dice Casini a ilfattoquotidiano.it – che ci sia la volontà di accelerare, di portare a termine il tutto. Mentre noi siamo soli: non abbiamo voce in capitolo, ma il territorio è nostro”.
Sembra di ascoltare il sindaco di Melendugno, Marco Potì, ma qui siamo 536 chilometri più a nord, nel cuore dell’Abruzzo sfregiato dai terremoti nel 2016. Ed è anche per questo che la sindaca Casini si allarma. Perché il metanodotto passa dalla ‘zona rossa’, quella a più alto rischio sismico come aveva raccontato Il Fatto.
“E poi c’è la centrale che rappresenta un impianto con impatti ambientali intrinsechi, ci sono gli studi a dimostrarlo – spiega – Le emissioni rischiano di ristagnare in valle, per il fenomeno fisico dell’inversione termica. Il Comune di Sulmona, l’intero territorio e le istituzioni locali hanno da sempre e ripetutamente dichiarato contrarietà alla centrale e al metanodotto, ritenendole nocive e fortemente impattanti, confortati anche da studi e perizie scientifiche“. Ma il governo tira dritto, l’opera è considerata di “interesse strategico nazionale”.
Snam ha altre 11 centrali in Italia come quella di Sulmona.
La dodicesima è inserita nella Rete Adriatica, che a dispetto del nome non corre lungo la costa se non per pochi chilometri in un tratto tra la Puglia e il Molise.
Poi risale la dorsale appenninica.
“A Snam conviene così – aggiunge la sindaca Casini – Ma il loro risparmio ricade sul mio territorio, un costo indiretto che non rientra nei calcoli del progetto”.
Da qui, il “gesto estremo”, come lo ha definito nella nota con la quale ha annunciato le dimissioni, formalizzate mercoledì mattina.
Poi ha scritto a Gentiloni chiedendo di essere ricevuta a Palazzo Chigi il prossimo 29 dicembre.
“Il mio atto è un voler alzare la posta della battaglia e della denuncia utilizzando l’unica arma ancora in mano ad un sindaco, stante la palese circostanza che un amministratore locale non ha voce in capitolo per determinare le sorti dei suoi cittadini – sottolinea – Lotterò al fianco della mia città e dell’intera Valle Peligna contro la realizzazione della centrale e del metanodotto e voglio tenere accesi il più possibile i riflettori su questa grave vicenda”.
Accanto a lei, i colleghi di Anversa, Acciano, Atleta, Bugnara, Campo di Giove, Cansano, Castel di Sangro, Castelvecchio, Castel di Ieri, Cocullo, Introdacqua, Gagliano, Goriano, Molina, Pettorano, Prezza, Roccacasale, Roccapia, Roccaraso, Scanno, Secinaro e Villalago.
Hanno firmato una nota congiunta spiegando che quella che sta conducendo Casini “rappresenta una battaglia di giustizia e di civiltà non solo per la città di Sulmona, ma per l’intero comprensorio”.
Per questo, spiegano, “ci sentiamo in dovere di accompagnarla a Roma” nella speranza che “il suo gesto scuota i palazzi romani e i vertici della Regione Abruzzo ed eviti la riconsegna delle fasce di decine di sindaci”.
Un intero territorio, sottolineano, “non può essere così mortificato”.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 29 dicembre 2017 sul sito del Gruppo d’Intervento Giuridico)