Il vigente articolo 73 della Costituzione dispone testualmente:
Art. 73
Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dalla approvazione.
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito.
Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.
L’articolo è correlato al successivo articolo 134 che a sua volta dispone:
TITOLO VI
GARANZIE COSTITUZIONALI
SEZIONE I. – La Corte costituzionale.
Art. 134
La Corte costituzionale giudica:
sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni;
sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni;
sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
Il disegno di legge costituzionale S 1429, presentato dal Presidente Renzi e dal Ministro Boschi, prevedeva la seguente modifica riguardante l’art. 73, contenuta al 7° comma dell’art. 32 dedicato alle “Disposizioni consequenziali e di coordinamento”:
CAPO VI
Art. 32. DISPOSIZIONI FINALI
(Disposizioni consequenziali e di coordinamento)
7. All’articolo 73, secondo comma, della Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».
Il disegno di legge si componeva di 35 articoli che modificavano 44 articoli della Costituzione.
Il testo finale approvato si compone invece di 41 articoli, che hanno modificato 47 articoli della Costituzione: quello dedicato all’art. 73 è diventato l’articolo 13 ed ha il seguente testo.
Art. 13
(Modifiche agli articoli 73 e 134 della Costituzione)
1. All’articolo 73 della Costituzione, il primo comma è sostituito dai seguenti:
«Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata.
La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge.
In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata».
2. All’articolo 134 della Costituzione, dopo il primo comma è aggiunto il seguente:
«La Corte costituzionale giudica altresì della legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica ai sensi dell’articolo 73, secondo comma».
All’articolo 13 è stato correlato il 5° comma dell’art. 38 dedicato alle “Disposizioni consequenziali e di coordinamento”, che ha il seguente testo:
CAPO VI
Art. 38. DISPOSIZIONI FINALI
(Disposizioni consequenziali e di coordinamento)
5. All’articolo 73, secondo comma, della Costituzione, le parole: «Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano» sono sostituite dalle seguenti: «Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara».
Con riferimento agli articoli 73 e 134 le schede di lettura del testo di legge costituzionale definitivamente approvato (pubblicato sulla G.U. n. 88 del 15 aprile 2016) riportano le seguenti precisazioni: « L’articolo 13 introduce nell’ordinamento il giudizio preventivo di legittimità costituzionale sulle leggi elettorali.
La disposizione costituzionale – recata dal nuovo secondo comma dell’articolo 73 Cost. – si inserisce dopo la previsione in base alla quale tutte le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione.
Viene quindi stabilito che le leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale della Corte costituzionale.
Affinché ciò avvenga occorre che – entro 10 giorni dall’approvazione della legge – sia presentato un ricorso motivato da parte di almeno:
- un terzo dei componenti del Senato;
- un quarto dei componenti della Camera. Una volta presentato il ricorso la Corte costituzionale è tenuta a pronunciarsi entro il termine di 30 giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge.
In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata.
L’articolo 13 provvede, al contempo, a coordinare l’articolo 134 Cost., che definisce gli ambiti di giudizio della Corte costituzionale, aggiungendo allo stesso un nuovo secondo comma, che prevede che la Corte costituzionale giudichi altresì della legittimità costituzionale delle leggi che disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
Inoltre, una disposizione specifica – recata dall’articolo 39, comma 11, del testo di legge costituzionale – riguarda le leggi elettorali della Camera e del Senato promulgate nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale.
Ciò in ragione del fatto che, in base all’articolo 41, il testo di legge costituzionale entra in vigore il giorno seguente a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale successiva alla promulgazione; tuttavia, le disposizioni non si applicano da quel momento, ma “a decorrere dalla legislatura successiva allo scioglimento di entrambe le Camere”, fatte salve alcune disposizioni specificamente individuate (tra cui non rientra l’articolo 13 in commento).
Il citato comma 11 dispone dunque che le leggi elettorali della Camera e del Senato promulgate nella legislatura in corso alla data di entrata in vigore della legge costituzionale, possono essere sottoposte – su ricorso motivato di almeno un quarto dei componenti della Camera o di un terzo dei componenti del Senato – al giudizio di legittimità della Corte costituzionale, che si pronuncia entro il termine di 30 giorni.
Il ricorso deve essere presentato entro 10 giorni dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale o, per la nuova legge elettorale del Senato, dalla data di entrata in vigore della legge medesima.
La disposizione dell’art. 39, comma 11, è stata inserita tra quelle di immediata applicazione, individuate dal citato art. 41, comma 1, del testo di legge costituzionale.
L’articolo 73, secondo comma, della Costituzione introduce dunque un nuovo strumento nell’ordinamento che consente ad una minoranza (un quarto dei componenti della Camera e un terzo dei componenti del Senato) di richiedere ex ante un vaglio di costituzionalità sulla legge elettorale.
Il nuovo istituito del giudizio preventivo di legittimità costituzionale tiene conto dell’esperienza comparata dei sistemi bicamerali europei, in cui l’affermazione del principio maggioritario nella procedura legislativa trova un diffuso contemperamento nell’attribuzione ad una minoranza parlamentare – spesso, nei sistemi bicamerali, appartenente indifferentemente all’uno o all’altro ramo del Parlamento – del potere di ricorrere direttamente alla Corte costituzionale per verificare la legittimità costituzionale delle leggi.
Un simile meccanismo è infatti presente nelle Costituzioni della Francia, della Germania, della Spagna, dell’Austria, della Polonia, della Repubblica ceca, della Romania e della Russia (oltre che di paesi con sistema monocamerale, quali il Portogallo e l’Ungheria).
Peraltro, se nel caso della Francia il ricorso ha carattere preventivo, dovendo essere presentato prima dell’entrata in vigore della legge e con effetto sospensivo della sua promulgazione, in altri Paesi, come la Germania e la Spagna, invece, esso ha carattere successivo.
Nel corso dell’esame parlamentare è stato evidenziato come la ratio della nuova previsione sia, in particolare, quella di consentire che la Corte Costituzionale possa pronunciarsi prima che le leggi elettorali siano applicate, in modo tale da evitare che una legge elettorale non conforme a Costituzione sia dichiarata illegittima dopo che è stata applicata – in una o più tornate elettorali – producendo, a quel punto, effetti di difficile rimozione.
Per quanto riguarda i lavori parlamentari, giova ricordare che il nuovo istituto del giudizio preventivo di costituzionalità è stato introdotto nel corso dell’esame in prima lettura al Senato.
In tale sede era tuttavia previsto che il ricorso motivato dovesse essere presentato da almeno un terzo dei componenti di una Camera e che dovesse recare l’indicazione degli specifici profili di incostituzionalità.
Durante il successivo esame alla Camera il dibattito si è concentrato, in particolare, sul quorum per la presentazione del ricorso.
Alla luce delle richieste avanzate da più gruppi è stato accolto un emendamento che ha ridotto tale quorum ad un quarto dei componenti per la Camera dei deputati (passando così da un minimo di 210 componenti a 158 componenti).
È stato invece mantenuto il quorum di un terzo dei componenti al Senato in ragione del minore numero di componenti che ne fanno parte (100 senatori oltre agli ex Presidenti della Repubblica).
È stata inoltre soppressa la previsione che richiedeva l’indicazione degli specifici profili di incostituzionalità.
Riguardo alle leggi oggetto del ricorso preventivo di legittimità, si ricorda che nel nuovo assetto costituzionale, la legge elettorale dei due rami del Parlamento è frutto di due distinti procedimenti.
Infatti, la legge elettorale della Camera dei deputati è approvata dalla sola Camera ai sensi del nuovo articolo 70, terzo comma, all’esito di un procedimento monocamerale; la legge elettorale del Senato appartiene invece alla categoria delle leggi bicamerali, ai sensi di quanto disposto dal nuovo articolo 57, ultimo comma, della Costituzione.
In sede applicativa andrà chiarito inoltre se l’espressione “leggi che disciplinano l’elezione” (della Camera e del Senato) ricomprenda, oltre alla formula elettorale (trasformazione di voti in seggi), anche la c.d “legislazione elettorale di contorno” (consistente, tra l’altro, nella disciplina dei rimborsi elettorali, della data delle elezioni, della c.d. “par condicio”).
Va in proposito ricordato che la diversa – ma per certi versi analoga – espressione «sistema di elezione» – utilizzata nell’art. 122, primo comma, Cost. – è stata esaminata dalla Corte costituzionale in più occasioni.
Nella sentenza 151 del 2012 essa è stata ritenuta comprensiva, nella sua ampiezza, di tutti gli aspetti del fenomeno elettorale.
Essa si riferisce, quindi, non solo alla disciplina dei meccanismi che consentono di tradurre in seggi, all’interno di organi elettivi, le preferenze espresse con il voto dal corpo elettorale (sistema elettorale in senso stretto, riguardante il tipo di voto e di formula elettorale e il tipo e la dimensione dei collegi), ma anche alla disciplina del procedimento elettorale (sentenza n. 196 del 2003), nonché a quella che attiene, più in generale, allo svolgimento delle elezioni (sistema elettorale in senso ampio).
La materia «sistema di elezione», nel senso ampio ora indicato – ha ritenuto la Corte – include, perciò, la normativa concernente le campagne elettorali (nella fattispecie per il rinnovo dei Consigli regionali) ed il rimborso, ove previsto, delle spese sostenute dai movimenti e partiti politici per tali campagne.
Il termine massimo per la presentazione del ricorso è di dieci giorni dall’approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata.
Una volta presentato il ricorso, il termine per la pronuncia della Corte costituzionale è di 30 giorni, che decorre, presumibilmente, dalla data di presentazione del ricorso.
Fino alla pronuncia, è sospeso il termine per la promulgazione.
Se la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata.
Viene comunque introdotto un nuovo tipo di giudizio di legittimità costituzionale, per la prima volta di carattere preventivo, in quanto destinato a svolgersi prima dell’entrata in vigore della legge scrutinata, con la conseguenza che anche la sentenza che conclude il giudizio non appare destinata a rientrare tra le tipologie di sentenza della Corte costituzionale oggi conosciute, proprio in quanto avente ad oggetto una legge non ancora in vigore.
Si ricorda, in proposito, che nei giudizi di legittimità costituzionale la Corte costituzionale limita il proprio giudizio ai profili di legittimità costituzionale del giudizio e a quelli strettamente consequenziali.
In forza dell’utilizzo, nel nuovo secondo comma dell’art. 134 Cost., della parola “altresì”, sembra comunque permanere la possibilità di sollevare questione di legittimità costituzionale in via incidentale dopo l’entrata in vigore della legge elettorale.
In base al vigente art. 134 Cost., la Corte costituzionale giudica: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti, aventi forza di legge, dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica, a norma della Costituzione.
Come già anticipato, oggetto di modifica è inoltre il terzo comma dell’art. 73 della Costituzione, al fine di riferire alla sola Camera dei deputati la possibilità di deliberare, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, l’urgenza di una legge la quale è, tal caso, promulgata nel termine da essa stabilito.
In proposito, si ricorda che il regolamento del Senato (art. 85) prevede una specifica procedura per la deliberazione dell’abbreviazione del termine di promulgazione: il Presidente del Senato, prima di porre in votazione la norma relativa, invita l’assemblea a pronunciarsi sulla dichiarazione d’urgenza, che deve essere adottata a maggioranza assoluta dei senatori e se non è raggiunta tale maggioranza la norma che stabilisce i termini di promulgazione non è posta in votazione, mentre se è dichiarata l’urgenza il Presidente ne fa espressa menzione nel messaggio alla Camera dei deputati o al Governo.»
LE RAGIONI DEL SÌ
Dal sito Basta un Sì
Articolo 73: mai più leggi elettorali incostituzionali
L’articolo 73 della Costituzione disciplina tempi e modalità attraverso i quali le leggi vengono promulgate.
Per promulgazione si intende il momento successivo all’approvazione parlamentare durante il quale la legge viene inserita stabilmente nell’ordinamento giuridico.
Il primo comma dell’articolo 73 stabilisce che “le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall’approvazione”.
Il fatto che sia il Presidente della Repubblica, nella sua veste di garante dell’unità nazionale, ad inserire in maniera duratura una legge nell’ordinamento fa sì che questo si mantenga unitario e coerente.
La riforma non modifica il primo comma del presente articolo, e dunque la promulgazione rimarrà atto di competenza esclusiva del Presidente della Repubblica, nell’ottica di non modificarne poteri ed attribuzioni.
La revisione, invece, interviene inserendo un nuovo secondo comma, che disciplina il cosiddetto “giudizio preventivo di legittimità” da parte della Corte Costituzionale.
Ove ne faccia richiesta un quarto dei membri della Camera dei deputati, oppure un terzo dei membri del Senato, sono sottoposte al giudizio preventivo di legittimità costituzionale le leggi che “disciplinano l’elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.
Questo comma, che introduce di fatto un nuovo istituto all’interno del nostro ordinamento, è stato aggiunto durante il dibattito parlamentare sulla base di una precisa motivazione: nel nostro Paese troppi sono stati i casi nei quali le leggi elettorali sono state dichiarate illegittime, in parte o in tutto, dalla Consulta – da ultimo ricordiamo la sentenza numero 1 del 2014 che ha dichiarato, parzialmente, illegittimo il cosiddetto “Porcellum” -, e troppi sono stati i casi in cui, di conseguenza, la declaratoria di illegittimità ha causato instabilità politica.
È del tutto evidente che la colpa non possa essere attribuita alla Corte Costituzionale, che si limita ad esercitare le competenze attribuitegli dalla Costituzione, ma, piuttosto, al Parlamento nel suo complesso.
Per questo motivo la riforma costituzionale introduce l’istituto del giudizio preventivo di legittimità, per porre sotto il controllo della Consulta, limitatamente alle leggi elettorali, sulla base di un “ricorso motivato”, il Parlamento tutto.
Alla base di questa scelta sta una precisa indicazione di principio: assieme alla Costituzione, ancorché a questa subordinata, la legge elettorale rappresenta la cornice all’interno della quale si realizza il quadro istituzionale di un Paese moderno, e se la legge elettorale claudica, è instabile il sistema politico tutto.
Rendere certa la legittimità costituzionale di una legge significa conferire stabilità alle istituzioni, esigenza più che mai presente nel nostro ordinamento.
L’ultimo comma del presente articolo rimane invariato, mentre il penultimo risulta essere interessato da modifiche puramente formali.
Se, precedentemente, questo stabiliva che nei casi in cui “le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l’urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito” con la riforma questo potere verrà attribuito alla sola Camera dei deputati, coerentemente con le competenze attribuitegli dalla nuova Costituzione.
LE RAGIONI DEL NO
Alessandro Pace, Professore emerito di diritto costituzionale – Università La Sapienza di Roma, Presidente del Comitato per il No nel referendum sulla legge Renzi-Boschi si è espresso al riguardo nel modo seguente.
«7.3.2. I procedimenti legislativi disciplinati dalla riforma Boschi dai tre attuali (il procedimento normale, quello di conversione dei decreti legge e quello costituzionale) sono diventati otto, secondo una classificazione (G. Azzariti, 2016) che considera l’iter di volta in volta seguito:
…….
7) procedimento “speciale” monocamerale relativo all’approvazione delle leggi elettorali con possibilità di controllo preventivo da parte della Corte costituzionale (art. 73 comma 2). »
Il giurista Luca Benci ha espresse la seguente articolata valutazione.
«Le funzioni della Corte costituzionale rimangono nella sostanza invariate – conflitti di costituzionalità sulle leggi, conflitti tra stato e regioni e accuse al Presidente della Repubblica – con
l’aggiunta di un inusuale controllo preventivo sulle leggi elettorali e, si suppone, anche successivo.
Quello che comunque preoccupa è il controllo sulla costituzionalità delle leggi che in un Parlamento squilibrato dal c.d. Italicum rischia di vanificare il ruolo di indipendenza che una Corte costituzionale deve avere.
Già negli ultimi anni la Corte costituzionale si è vista incrinare la sua natura giurisdizionale con la nomina di Giuliano Amato, ex presidente del consiglio e molte altre cariche.
Pur avendo un passato – lontano – di professore universitario la sua nomina – fatta dal presidente Napolitano – è tutta politica insinuando dentro la Corte, un conflitto di interessi tra chi le leggi le ha fatte e ora le giudica.
Preservare l’indipendenza della Corte costituzionale diventa un imperativo categorico per l’equilibrio del sistema.
Un esempio comparatistico, non secondario, viene dalla Corte suprema degli Stati Uniti dove l’indipendenza dei giudici può essere tale da fare sì che la sentenza sul riconoscimento del matrimonio egualitario tra coppie omoaffettive e etero sia stata possibile in base al voto del giudice Anthony Kennedy, conservatore e nominato da Ronald Reagan. »
Dott. Arch. Rodolfo Bosi