C’è chi garantisce: è possibile uccidere tre orsi in tre giorni.
Tutto dipende “solo dal budget che avete”.
C’è chi, nell’attesa, propone di far fuori qualche lupo.
E chi in Romania mette a disposizione dei turisti “quattro milioni di munizioni”.
Quattro milioni, è uno scherzo?
“No no, abbiamo anche 600 fucili“.
Nemmeno volessero muovere guerra alla vicina Moldavia.
E in tutti i Paesi contattati, dall’Est Europa fino al Marocco, passando per i Paesi baltici, il divertimento notturno è assicurato: “Abbiamo i nostri contatti, certo.
Ve la potete spassare dalla mattina alla sera”.
Di cosa si parla?
Di prostituzione.
Ci sono decine di agenzie – ufficiali e un po’ meno – che si occupano in Italia di turismo venatorio all’estero.
I cacciatori nostrani si danno da fare con le prenotazioni dalla fine di luglio fino a dicembre, per lo più.
Dunque sia quando la stagione venatoria nel nostro Paese è ancora chiusa sia quando è nel pieno della propria attività (oggi, domenica 1 settembre, c’è la preapertura, poi dal 15 l’apertura vera e propria).
Ma non ci si ferma mai, perché per esempio c’è la possibilità, nel Nord Europa, di cacciare in primavera e, volendo farla proprio grossa, si può optare per mete più esotiche: dal Nepal al Sudafrica, passando per Argentina e Zambia.
Cosa si caccia?
Di tutto.
I pacchetti meno costosi – in genere propongono tre, quattro, cinque notti – sono quelli che riguardano i volatili.
Poi ci sono gli ungulati.
E qui il discorso cambia, perché per portare a casa un trofeo di cervo si spendono diverse migliaia di euro.
Fino alle specie protette in Unione europea, come appunto gli orsi, o quelle più impensabili: l’alce, l’ular asiatico, il tahr dell’Himalaya fino, ovviamente, ai cosiddetti Big Five (leone, leopardo, rinoceronte, elefante e bufalo africani).
SPECIE PROTETTE, ZERO CONTROLLI E SEX WORKER – È difficile quantificare quanti italiani pratichino turismo venatorio oltre confine.
A guardare la varietà dell’offerta delle agenzie e di chi sui social si vende come organizzatore di viaggi, non sono pochi.
Il Wwf qualche anno fa ha provato a fare una stima: 50mila cacciatori.
Il giro d’affari?
Milionario, se si considerano il viaggio, gli eventuali trofei, fucile e attrezzatura, il disbrigo delle pratiche burocratiche e, naturalmente, il pernottamento nel Paese straniero.
Che cosa spinge un cacciatore italiano ad andare fuori confine?
Qui è più facile rispondere.
E i punti sono tanti.
Per prima cosa, come detto, è possibile uccidere specie che da noi (e in Ue) sono protette.
Non solo grandi carnivori, anche volatili, come il gallo cedrone e il francolino.
Secondo: molto spesso all’estero non ci sono limiti di carniere.
Ed è ciò che assicurano le persone contattate da ilFattoQuotidiano.it: “Vieni qui e spari quanto vuoi”.
Terzo aspetto, legato al secondo: ci sono in genere pochi controlli ed è possibile utilizzare strumenti vietati in Italia, come i richiami acustici.
Ultimo punto, in parte già anticipato: si può cacciare in periodi in cui da noi l’attività venatoria è ferma.
Sì, poi c’è anche la possibilità di intrattenersi con le sex worker locali.
Ma questo, in teoria, va oltre la caccia in senso stretto.
La prima telefonata è a un cacciatore 60enne, italiano, che ha base in Romania.
È quello che ci rivela di avere 600 fucili e quattro milioni di munizioni.
Parecchie, se si tiene conto che in Italia si possono detenere 1.500 cartucce a fucile (da caccia) e se ne possono portare mille oltre confine (art. 6bis, DM 24 novembre 1978).
Ma tant’è.
Lui organizza anche i taxi per il “divertimento notturno”, che in quel Paese sarebbe vietato (come da noi).
Qui si spara principalmente a tordi, allodole e quaglie.
Sostanzialmente senza limiti: “Nei giorni di magra ne passano 3mila, nei giorni normali ne passano 10mila.
Un sogno“.
Purché non si spari a specie vietate: “Ti mettono dentro e buttano via la chiave” dice il cacciatore.
Volatili che, va sottolineato, subiscono la pressione tanto dei cacciatori locali quanto di quelli che vengono da fuori.
Un caso emblematico è quello dell’Albania, che nel 2014 ha avviato una moratoria di due anni sulla caccia, per via delle stragi di passeriformi, conigli, volpi e coturnici.
“Una misura drastica ma necessaria” la definì il ministro all’Ambiente di allora, Lefter Koka.
Le istituzioni e le doppiette locali diedero la colpa, tra gli altri, ai cacciatori italiani.
LA CACCIA ALL’ORSO (E IL CORTOCIRCUITO) – Nella seconda telefonata risponde un cacciatore italiano che vive in Romania da sei anni.
“Sto portando dei clienti a quaglie in questo momento.
Cacciare l’orso?
Vi do io il contatto giusto.
E vi do anche un consiglio: se siete fortunati e lo uccidete subito, potete fermarvi a far fuori qualche lupo, lì ce ne sono tanti”.
Con “lì” intende la Bosnia.
Nuova telefonata: “L’orso?
Certo che si può cacciare.
Se siete in tre, possiamo ucciderne tre, uno a testa, dipende soltanto dal vostro budget.
Il singolo trofeo va da un minimo di 3mila euro a un massimo di 12mila euro”.
In quanti giorni?
“Potete fermarvi tre notti”.
E in tre notti è possibile cacciare tre orsi?
“Sì, devo vedere quali ci sono, in quali zone.
In Croazia siete mai stati?”.
Mentre la Bosnia non fa parte dell’Unione europea – ha avviato le trattative per aderirvi – la Croazia vi è entrata 11 anni fa.
Lì sarebbe vietato cacciare l’orso, ma la persona al telefono si muove sul filo sottile dell’ambiguità: si ammazzano un po’ in Bosnia, un po’ in Croazia.
Dipende dai loro spostamenti.
E la sera?
“Ogni cliente trova ciò che vuole, ce n’è per tutti i gusti.
Ci possiamo muovere tra Mostar e Spalato“.
La legislazione italiana vieta di cacciare orsi, linci e lupi e, di conseguenza, vieta l’imbalsamazione.
Ma è sufficiente fare una decina di ore in auto (o prendere un aereo) ed ecco che il gioco – e il cortocircuito – è fatto: si ammazza l’orso, lo si lascia lì due-tre settimane per i trattamenti e dopo un mese si può esibire la testa (o la pelle) nel soggiorno di casa.
Un passatempo che piace a tutti i cacciatori europei: l’Italia importa appena il 2% dei trofei in tutta l’Unione europea (in testa ci sono Germania, Spagna e Danimarca).
E nel quinquennio 2014-2018, rispetto al precedente, il traffico è aumentato del 39,29% (dati: Humane Society International).
RESORT E POLENTA E OSEI – In Bulgaria, vicino a Veliko Tarnovo, ci sono due sistemazioni di lusso in stile rinascimentale con piscina, idromassaggio e centro benessere.
Il pernottamento per sei notti, per un cacciatore, costa intorno ai 1.700 euro.
Viaggio, fucile, munizioni e trofeo esclusi.
Cosa si può uccidere?
Cervi, daini, caprioli, mufloni, cinghiali e lupi.
I trofei più costosi sono quelli di cervo: oscillano tra i 1.500 e i 12mila euro.
Mille, 2.000 o 3.000 euro per daini e caprioli.
Mille per il lupo.
In Grecia propongono la caccia ai tordi: “È un vero paradiso, li spiumiamo noi, poi li mettiamo nei congelatori e potete riportarli in Italia.
Così siete pronti per la polenta e osei.
Divertimenti extra?
Il posto migliore è il Marocco, ho lì due clienti che vengono dal Qatar.
Se la spassano così tanto che non smettono più di ringraziarmi”.
Mail: a.marzocchi@ilfattoquotidiano.it
(Articolo di Alberto Marzocchi, pubblicato con questo titolo il 1 settembre 2024 sul sito online “Ambiente & Veleni” allegato al quotidiano “Il Fatto Quotidiano”)