Sessanta ettari di terreno sfuggiti nel corso degli anni all’espansione di Roma verso est.
Il Pratone di Torre Spaccata, l’area dove nella giornata di mercoledì 21 agosto si è sviluppato l’ennesimo incendio che ha provocato quattro feriti tra i soccorritori, è un lembo di territorio da tempo al centro di una disputa tra i comitati e il partito del cemento.
I primi vogliono che diventi un vero e proprio parco: l’hanno messo nero su bianco in una delibera di iniziativa popolare che impegna il Comune a espropriare l’area e, con una variante, a creare un vero e proprio parco.
Il secondo, identificabile con quello che è il destino dell’area secondo il piano regolatore, prevede nuove edificazioni.
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Parliamo di 60 ettari di terreno che hanno per confini la Togliatti, via Bruno Pelizzi, via di Torre Spaccata, via Sommariva e via Lizzani.
La proprietà è di Cassa depositi e prestiti che da tempo, sfruttando un vincolo edificatorio, cerca di vendere l’area.
La svolta sembrava essere arrivata con il Pnrr, con Cdp a individuare in Cinecittà Studios e le sue esigenze di espansione l’acquirente del Pratone.
Qui, secondo le intenzioni, sarebbero sorti otto teatri di posa.
Due terzi dell’area sarebbero stati edificati e solo un terzo sarebbe rimasto con destinazione a verde pubblico.
“La nostra idea“, raccontava Maurizio Veloccia in un’intervista a RomaToday, “era quella di unire le esigenze di Cdp e di Cinecittà e mi sento di dire che si era arrivati a un giusto compromesso tra interessi privati, del mondo del lavoro, di valorizzazione del verde e dei ritrovamenti nel frattempo avvenuti.
Un compromesso che convinceva la politica locale e ha generato proteste, legittime per carità, ma a mio avviso ingiustificate da parte dei comitati.
Ora quell’idea è saltata e siamo a un punto morto“.
Sì perché i fondi Pnrr per quest’obiettivo sono stati ritirati.
Motivo?
Vincoli archeologici nel frattempo spuntati e da sempre denunciati dai comitati.
Cinecittà nel frattempo ha dato il benservito a Cassa depositi e prestiti e la situazione è tornata di stallo.
Al momento solo un vincolo archeologico è stato posto, altri tre sono in attesa di valutazione.
La posizione del comitato è chiara: chiedere e vedere riconosciuti tutti i vincoli per poter scongiurare l’edificabilità dell’area.
Al ministero della cultura viene chiesta, “conferma della continuità storica, archeologica e ambientale con le aree già tutelate” di “estendere il perimetro del vincolo paesaggistico Ad Duas Lauros sull’area del Pratone”.
Si tratta del comprensorio, tra la Casilina e la Prenestina, dove sono presenti “i mausolei di Sant’Elena e Tor de’ Schiavi, le ville imperiali dei Gordiani e di Costantino – elenca il Fondo Ambiente Italiano – il tracciato dell’Acquedotto Alessandrino, le Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro, quelle ebraiche (oggi inaccessibili) di via Labicana e l’Ipogeo di Villa Cellere” ed una serie di “ville rustiche tardo repubblicane”.
Lo sono anche quelle su cui lo stesso ministero ha apposto un vincolo, a conferma della continuità storica, archeologica ed ambientale del Pratone con il parco di Centocelle.
Intanto le fiamme di ieri scatenano la rabbia anche dei comitati meno schierati.
Il comitato di quartiere di piazza cavalieri del lavoro attacca: “Siamo stanchi di assistere allo scempio delle aree verdi che circondano il nostro territorio.
Invece di essere riqualificare e restituire alla cittadinanza si trasformano in ‘campi di sterpaglie’ (questa la definizione del servizio di Sky) che minacciano la nostra incolumità“.
E ancora siamo “stanchi di aver segnalato per anni la necessità di operare la bonifica di queste aree (probabilmente…anzi no… sicuramente) piene di amianto ‘smaltito’ in modo scellerato, stanchi della completa inattività delle istituzioni“.
Ed enumerano i problemi ancora sul tavolo: “I demolitori sono ancora al loro posto.
Le macerie del luglio 2022 sono ancora al loro posto.
La riqualifica del parco di Centocelle a che punto è?“.
(Articolo di Matteo Scarlino, pubblicato con questo titolo il 22 agosto 2024 sul sito online “Roma Today”)