La terza Corte di Assise di Roma ha condannato a sei anni e quattro mesi Manlio Cerroni e a 3 anni il suo braccio destro Francesco Rando nel processo nato dall’inchiesta per disastro ambientale sulla discarica di Malagrotta.
La Procura di Roma aveva sollecitato una condanna a 17 anni per Cerroni, ora 97enne, e a 11 anni per Rando, ultraottantenne.
Con la sentenza emessa ieri pomeriggio i giudici hanno condannato gli imputati anche al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, tra cui il Comune di Roma e la Regione Lazio, disponendo una provvisionale totale di 500mila euro.
I pm capitolini contestavano di aver “cagionato un disastro ambientale consistente nell’alterazione dell’equilibrio di un ecosistema (suolo, sottosuolo, flora)” e ‘”una offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l’estensione della compromissione (la discarica si estende su una superficie di circa 160 ettari) e per il numero delle persone offese o esposte a pericolo“.
“Ricorreremo sicuramente in appello – commenta all’Adnkronos l’avvocato Alessandro Diddi, difensore di Cerroni – l’istruttoria non ha individuato da quale punto sarebbe fuoriuscito il percolato poiché tutte le prove idrauliche disposte non sono riuscite a individuarlo.
Attendiamo di leggere le motivazioni per capire quale sia questo punto considerando che la Corte ha ritenuto evidentemente che si poteva fare di più per evitare questa fuoriuscita.
Va sottolineato – spiega il penalista – che secondo l’accusa sostenuta dalla procura Cerroni e Rando avrebbero avvelenato le acque anteponendo il lucro personale alla tutela dell’ambiente e della sanità pubblica, ipotesi invece scartata dalla Corte che non ha infatti comminato la pena richiesta dai pm a 17 anni.
In ogni caso ricorreremo perché non accettiamo che Cerroni, anche colposamente, possa aver inquinato l’ambiente“.
Legambiente: “Sentenza storica“
“La condanna per disastro ambientale nei confronti del proprietario di Malagrotta è una sentenza storica nel nome del popolo inquinato – commentano Stefano Ciafani presidente nazionale di Legambiente e Roberto Scacchi presidente di Legambiente Lazio – che rende giustizia a tutti quelli che hanno combattuto per tanti anni contro il disastro dei rifiuti a Malagrotta e tutti quelli che combattono ancora per l’economia circolare e la difesa dell’ambiente, nella Capitale come in tutto il paese.
Quella che è stata per decenni la più grande discarica d’Europa, ha generato una ferita ambientale spaventosa, chi doveva fermare l’inquinamento terribile che questa provocava non lo ha fatto e l’esito del processo lo conferma indiscutibilmente“.
La sentenza arriva oggi dalla III Corte d’Assise del Tribunale di Roma, dopo un processo penale durato oltre 10 anni nel quale Legambiente è parte civile.
“Non possiamo che ringraziare l’avv. Maria Dolores Furlanetto del nostro CEAG (Centro d’Azione Giuridica) che ha seguito il processo in tutti questi anni con impegno e costanza – concludono i rappresentanti di Legambiente -, oggi è stata fatta giustizia nelle aule di tribunale e continueremo a presidiare quei luoghi, ma continueremo anche a chiedere che sia fatta giustizia a Malagrotta.
Nella discarica sono entrate per decenni oltre quattromila tonnellate al giorno di rifiuti, ora la sfida è la bonifica, che sarà portata avanti grazie al lavoro della struttura del commissario generale Giuseppe Vadalà, in danno alla proprietà, per la quale aspettiamo l’avvio proprio nelle prossime settimane e che dovrà avvenire con tutte le tecnologie migliori e una indissolubile sinergia, tra istituzioni di tutti i livelli, associazionismo ambientale e cittadinanza”.
Nella sentenza, la corte ha ordinato all’ex proprietario di Malagrotta “il recupero e il ripristino dello stato dei luoghi“.
(Articolo pubblicato con questo titolo il 5 luglio 2024 sul sito online “Roma Today”)