Le concessioni balneari sono scadute ma sulle spiagge tutto è rimasto come prima, o quasi.
Ora ci si può piazzare con ombrelloni e asciugamani tra le file degli stabilimenti, anche tra i più costosi, nonostante le proteste dei proprietari.
Chi è l’abusivo?
La confusione nasce dalla proroga delle concessioni decisa dal governo Meloni, ma tre sentenze del Consiglio di Stato dicono il contrario.
Nella maggior parte dei casi, i proprietari pagano allo Stato canoni di concessione vantaggiosi e di durata decennale: è proprio l’opposto di quanto previsto dalla direttiva Bolkestein, la norma europea che stabilisce gare libere per evitare monopoli nel settore e garantire prezzi concorrenziali ai cittadini.
È così iniziato uno scontro istituzionale tra governo da un lato e Consiglio di Stato con Commissione europea dall’altro, col rischio concreto di procedura di infrazione – e quindi di multe da pagare per lo Stato italiano – che incombe.
Nel frattempo sui litorali ci sono le prime “invasioni” degli stabilimenti, rese possibili proprio dalla scadenza delle licenze.
E l’Antitrust ha già iniziato a inviare le prime diffide ai comuni a causa delle proroghe.
Per il caos normativo che si è creato la situazione non è chiara: che fine fanno le nostre spiagge?
Perché le concessioni sono scadute ma gli stabilimenti sono ancora lì: cosa dice la legge
Le concessioni balneari sono scadute, ma il governo Meloni ha ugualmente prorogato queste licenze e gli stabilimenti sono ancora lì: “Dall’1 gennaio 2024 gli stabilimenti hanno le concessioni scadute e in teoria non potrebbero neanche somministrare bevande e alimenti“, dice a Today.it Roberto Biagini, presidente di Mare Libero.
Da anni l’associazione è attiva sul tema delle spiagge libere e di recente ha “occupato” con asciugamani e ombrelloni alcuni stabilimenti italiani, come il Twiga di Flavio Briatore.
Ora, la confusione sulle spiagge è palpabile: “Se mi metto accanto allo stabilimento nessuno mi può dire nulla – racconta -. A Ostia sono arrivati i funzionari della questura che non hanno potuto fare altro che constatare la nostra presenza su una spiaggia pubblica, visto che le concessioni sono scadute.
Se l’asciugamano è abusivo loro cosa sono?
Gli stabilimenti sono teoricamente abusivi“.
Le spiagge fanno parte del demanio e sono quindi un bene pubblico: “Il loro uso deve essere gratuito – afferma Biagini -. Perché nelle altre concessioni c’è una rotazione con delle gare mentre per le spiagge ci sono sempre gli stessi proprietari?“.
Sulle coste italiane le spiagge libere sono sempre meno e in alcune regioni, come Liguria, Emilia-Romagna e Campania, la percentuale di occupazione degli stabilimenti supera il 70 per cento, mentre in alcuni comuni si va oltre il 90, come si vede nella mappa estratta dal Rapporto spiagge di Legambiente.
La percentuale di occupazione delle spiagge in Italia: in alcuni comuni si supera l’80 per cento (fonte: Rapporto spiagge / Legambiente)
Ma cosa dice la legge?
“Le sentenze del Consiglio di Stato confermano che il mancato avvio delle gare si pone in contrasto con il diritto dell’Unione e che le proroghe delle concessioni demaniali marittime sono illegittime – spiega a Today.it Rosamaria Berloco, avvocata e co-founding partner dello Studio Legal Team -. Dunque, devono essere disapplicate a ogni livello“.
Eppure le proroghe delle concessioni sono arrivate ugualmente, senza gare, ma solo chi beneficia di una “proroga tecnica” ha una licenza ancora “attiva”, a una condizione: “Il Comune deve avere indetto una gara, mentre lo stesso non si può dire per i concessionari che si sono visti prorogare il titolo senza il contestuale avvio di una procedura di gara. Occorrerebbe verificare caso per caso“, chiosa l’avvocata di Legal Team.
Anche l’Antitrust si è espresso più volte sul tema, per ultimo impugnando alcune proroghe delle concessioni decise dai comuni della Versilia, dopo le diffide dell’associazione Mare Libero.
L’Antitrust impugna le proroghe delle concessioni balneari in alcuni comuni della Versilia
Fratelli d’Italia contro Consiglio di Stato: la mossa per gli indennizzi agli stabilimenti
Per Fratelli d’Italia, le sentenze del Consiglio di Stato che hanno definito illegittime le proroghe delle concessioni balneari sono a loro volta illegittime: avrebbero invaso la sfera di azione del Parlamento.
Per questo, il capogruppo di Fdi, Tommaso Foti, ha chiesto al presidente della Camera, Lorenzo Fontana, di coinvolgere la Corte Costituzionale sollevando il “conflitto di attribuzione“.
“Il discorso del conflitto di attribuzione è un altro tentativo di perdere tempo – dichiara Biagini -. Il risultato è confusione e incertezza per tutti, per i cittadini ma soprattutto per i proprietari degli stabilimenti, presi in giro per tornaconto elettorale“.
Ancora non si parla delle gare previste dalla Bolkestein, ma Fratelli d’Italia si è già mossa per corrispondere gli indennizzi ai proprietari degli stabilimenti che perderebbero le loro attività con l’attuazione della direttiva.
“L’emendamento di Fdi punta all’abrogazione dell’art. 49 del Codice della navigazione, che allo scadere delle concessioni prevede il passaggio al patrimonio dello Stato delle opere non smontabili e che all’operatore non spetti alcun compenso – spiega Berloco -. Si introdurrebbe un meccanismo di indennizzo di ampio respiro, ma in molti punti sembrano esserci delle incongruenze, non solo rispetto alle decisioni dei giudici amministrativi, ma anche – e soprattutto – rispetto alla legge sulla concorrenza“.
Ma come si vede nel documento sotto, “alcuni stabilimenti hanno già rinunciato agli indennizzi firmando le concessioni, con l’obbligo di dover smontare tutto a loro spese una volta scaduta la licenza“, ci spiega il presidente di Mare Libero.
Un esempio di concessione balneare da un documento originale
Ora la maggioranza di governo vorrebbe ribaltare questo principio, ma “sull’art. 49 il Consiglio di Stato ha chiesto l’intervento della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, dunque, dovrà a breve esprimersi a riguardo“.
Il problema è che, in generale, l’attuale funzionamento delle concessioni balneari va contro le norme dell’Ue: “Per la giurisprudenza amministrativa – ricorda Berloco – il rispetto del diritto europeo impone l’indizione di procedure di gara trasparenti, pubbliche e che consentano la massima partecipazione di tutti gli operatori economici“.
Praticamente l’opposto di quello che succede in Italia.
Il destino delle spiagge libere con la Bolkestein: cosa cambia
In mezzo a questa confusione molti comuni si sono mossi per conto proprio: “Nella maggior parte dei casi il soggetto tenuto a prendere le decisioni è il comune – ci spiega Rosamaria Berloco di Legal Team -. In Veneto, riviera romagnola, Abruzzo e Toscana, vari comuni hanno tentato di darsi delle regole per gestire le gare, superando il silenzio del governo e l’incertezza normativa“.
E cosa succederà nel frattempo?
L’esigenza è chiara: “Aldilà del pensiero politico, credo che tutti gli operatori e le amministrazioni avvertano l’esigenza che il governo prenda una decisione – l’opinione della legale – Attualmente abbiamo una legge incompleta, giurisprudenza e Antitrust stanno cercando, a colpi di sentenze e provvedimenti, di dare indicazioni alle amministrazioni e agli operatori“.
Prima o poi le spiagge andranno messe a gara rispettando la Bolkestein, con procedure “aperte, pubbliche e basate su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi“.
L’incertezza non fa bene neanche agli imprenditori: a Rimini un balneare ha chiesto 5mila euro al comune per danni di immagine causati dall’incertezza del quadro giuridico.
L’esempio di Rimini, spiagge occupate e canoni bassi: “Anche 300 euro”
In passato, il presidente di Mare Libero, Roberto Biagini, è stato assessore all’urbanistica di Rimini, che con il 90 per cento di occupazione delle spiagge è tra i comuni italiani con la più alta presenza di stabilimenti balneari.
“A Rimini ci sono oltre 300 concessioni demaniali, che versano allo Stato in media 7-8mila euro annuali – racconta a Today.it -. Negli anni passati le cifre erano ancora più basse, se ne vedevano alcune tra i 300 e i 400 euro.
C’era chi ne pagava 300 l’anno per dei chioschi – come si vede nel documento sotto – o 5mila per un ristorante vista mare“.
esempio canone concessione balneare comune rimini
In generale, queste licenze permettono ai proprietari degli stabilimenti di lavorare sulle spiagge a canoni vantaggiosi e di lunga durata, da pagare allo Stato in quote annuali.
Today.it ha verificato che alcuni dei canoni di affitto per gli stabilimenti Vip italiani ammontano allo 0,3 per cento del fatturato.
A Rimini, ci racconta Biagini, c’erano altre irregolarità: “L’Agenzia delle entrate ci chiedeva perché non risultava l’Imu sulle cabine: ebbene non erano accatastate.
Anche la Guardia di Finanza ci avvertì.
Abbiamo posto il problema, ma sono arrivate enormi critiche.
Mancavano anche le autorizzazioni paesaggistiche.
Bastava andare a scavare la normativa per rendersi conto che quella dei balneari era una terra di nessuno“.
Dunque, cosa fare?
“La politica è la maggiore responsabile di questo scempio, destra e sinistra sono uguali: chiunque ha ignorato il problema perché legati a doppio filo ai concessionari per motivi elettorali.
Ci vuole un adeguato equilibrio tra spiagge libere e occupate, si deve trovare il giusto mix per parametrare il canone ai guadagni delle aziende e ai beni gestiti come fatto altrove: il litorale è di tutti“.
(Articolo di Cesare Treccarichi, pubblicato con questo titolo l’8 giugno 2024 sul sito online “Roma Today”)