Tevere
Si sta salinizzando l’acqua del Tevere.
La scarsità di piogge non ha effetti soltanto sui bacini idrici da cui si attinge l’acqua potabile.
Le conseguenze delle poche precipitazioni che, nel comune e nella provincia di Roma non sono mai così scarse da 34 anni a questa parte, ha effetti anche sul Tevere.
L’effetto della siccità sul Tevere
Non ci sono fenomeni già sperimentati in passato, come il notevole abbassamento della portata idrica del fiume o, anche, l’anossia che provoca la moria di pesci di maggiori dimensioni.
Le poche piogge hanno infatti anche una ricaduta sulla salinità dell’acqua tiberina.
Ed a sostenerlo è Massimo Gargano, il direttore generale di Anbi.
Le conseguenze per l’agricoltura romana
“Nel 2017, quando la crisi idrica del lago di Bracciano rischiò di fare razionare l’acqua nella Capitale, l’attenzione del mondo si concentrò su Roma; oggi si sta salinizzando il fiume Tevere con gravi ripercussioni sull’agricoltura di grandi aree vocate a produrre cibo come Maccarese e Ladispoli, ma nessuno ne parla”.
Cosa è il cuneo salino
In cosa consiste questo fenomeno?
Il cuneo salino si verifica quando la portata di un fiume non è più in grado di contrastare efficacemente la risalita del mare.
Le acque tiberine quindi si mescolano a quelle marine che, ovviamente, sono salate.
Quando questo succede l’acqua dolce, poiché è più leggera, resta in superficie mentre sul fondale si addensa quella di origine marina.
Le conseguenze sono molteplici: sul piano biologico, fauna e flora, non possono che risentirne.
La portata del fiume
La portata del Tevere si aggira attualmente sugli 80 metri cubi al secondo, quando la media del periodo è superiore a mc/s 200; ciò favorisce la risalita del cuneo salino nell’entroterra.
“La crisi inizia fin dalla sorgente del fiume con un flusso praticamente dimezzato già a monte Molino, in Umbria.
Analoga condizione si registra per l’Aniene” ha ricordato l’Anbi.
E come più volte ricordato, le conseguenze di una primavera siccitosa sono avvertite anche nei laghi intorno alla Capitale.
La situazione del lago Albano è stata più volte ricordata, ma anche quello di Nemi, volendo allargare l’analisi all’ultimo anno, “ha perso quasi mezzo metro d’acqua”.
Le possibili soluzioni
“Le conseguenze della crisi climatica – ha proseguito il Direttore generale di ANBI – sono accentuate nel Lazio da una sregolata pressione antropica sulle risorse idriche.
Per questo è necessario aumentare le disponibilità d’acqua, efficientando le infrastrutture esistenti e realizzando nuovi bacini di accumulo; il futuro non possono certo essere i dissalatori, i cui costi penalizzerebbero fortemente l’economia agricola e la nostra borsa della spesa oltre a comportare gravose conseguenze di carattere ambientale, legate allo smaltimento della cosiddetta salamoia inquinante.”
(Articolo di Fabio Grilli, pubblicato con questo titolo il 6 giugno 2024 sul sito online “Roma Today”)