Dopo l’inizio della guerra in Ucraina e la chiusura volontaria o per sabotaggio dei grandi gasdotti che portavano il gas russo in Europa, le importazioni di gas naturale liquefatto (GNL) sono aumentate vertiginosamente e, come in iItalia, si stanno realizzando nuovi rigassificatori.
Una nuova analisi
L’analisi della compagnia di ricerca norvegese Rystad Energy, anticipata dalla BBC, dimostra che «la produzione e il trasporto di GNL causa fino a 10 volte le emissioni di carbonio rispetto ai gasdotti.
Ci sono preoccupazioni che il carbonio extra possa ostacolare gli sforzi per frenare il riscaldamento.»
Da 6 al 18 novembre, i leader mondiali si incontreranno alla 27esima conferenza delle parti Unfccc in Egitto e ambientalisti e scienziati – e molti governi dei Paesi in via di sviluppo – temono che la guerra in Ucraina abbia fatto passare in secondo piano la necessità impellente di ridurre le emissioni di gas serra.
Come fa notare BBC News, «nel Regno Unito e in Europa, le preoccupazioni per l’approvvigionamento energetico hanno visto un aumento senza precedenti delle importazioni di GNL, una versione liquefatta del gas naturale.
Secondo i dati pubblicati da S&P Global Commodity Insights, nei primi 9 mesi di quest’anno i volumi di GNL importati sono aumentati del 65% rispetto al 2021.»
Ma la nuova analisi di Rystad Energy condivisa con la BBC averte che «la produzione e la spedizione di gas naturale liquido sono estremamente ad alta intensità energetica.
Per produrlo, il gas fossile viene raffreddato in congelatori giganti fino a -160° C.
Quando il gas si liquefa, si restringe e diventa 600 volte più piccolo, rendendone molto più facile il trasporto.
Sebbene le emissioni derivanti dalla combustione del gas siano le stesse sia che sia convogliato o in forma liquida, l’energia extra coinvolta nella produzione e nel trasporto del liquido è significativa».
Patrick King di Rystad Energy sottolinea che «per il gas convogliato dalla Norvegia, osserviamo circa 7 kg di CO2 al barile, ma per le importazioni di GNL in Europa, stimiamo che la media sia superiore a 70, quindi è circa 10 volte inferiore per il gas convogliato rispetto al GNL.
Entro la fine del prossimo anno, se la Russia chiuderà completamente i rubinetti del gas e tutto il gas aggiuntivo necessario proverrà da fonti di GNL, vedremo ulteriori 35 milioni di tonnellate di emissioni di CO2 importate a monte rispetto al 2021».
Si tratta di qualcosa che equivale in emissioni ad aggiungere circa 16 milioni di auto sulle strade italiane per due anni».
Per molti ambientalisti, esperti, scienziati e qualche politico più lungimirante, questa corsa al GNL è il trionfo del pensiero a breve termine.
Tra loro c’è Paul Balcombe, della Queen Mary University di Londra, che non è stato coinvolto in questa nuova ricerca di Rystad Energy ma che ha studiato da tempo gli effetti delle emissioni di GNL, e che ha detto a BBC News: «La vera opportunità, in una brutta situazione, è mettere in atto incentivi per ridurre il nostro consumo di gas.
Dobbiamo aumentare l’efficienza energetica e la nostra diffusione delle energie rinnovabili.
Piuttosto che guardare solo al sostituto davvero, davvero a breve termine, che è il GNL, dobbiamo guardare a un termine leggermente più lungo, che avrà implicazioni di gran lunga migliori in termini di costi, finanziari e ambientali».
Gli ambientalisti, negli Usa come in Europa e in Italia e un po’ in tutto il mondo, sono preoccupati che l’attuale corsa al GNL extra possa non essere una tantum: in Europa ci sono piani per l’installazione di circa 20 nuovi terminali GNL (Piombino e Ravenna compresi) ed Eilidh Robb, di Friends of the Earth Europe, è molto preoccupata: «Ad essere onesti, è davvero spaventoso.
Il problema è che per rendere questi terminali economicamente sostenibili, i Paesi devono concordare contratti molto lunghi per portare il gas e i terminali stessi possono durare fino a 40 anni, il che significa un effetto lock-in molto lungo per questi combustibili fossili dai quali stiamo cercando di uscirne».
Un altro problema per l’importazione di GNL è da dove viene.
E qui c’è una sorpresa: secondo Rystad, «circa il 16% del gas liquefatto proviene dalla Russia».
E la BBC conclude: «Acquistando questo gas dalla Russia, il Regno Unito e l’Europa non solo stanno aiutando a finanziare l’invasione dell’Ucraina, ma stanno anche rendendo più difficile vincere la guerra contro il cambiamento climatico».
(Articolo pubblicato con questo titolo il 4 novembre 2022 sul sito online “greenreport.it”)