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Intervista a Michele Carducci, docente ordinario di Diritto costituzionale comparato e climatico a Lecce: “La recente riforma italiana degli articoli 9 e 41 della Costituzione va nella direzione dei diritti della natura?
No, ma bisogna fare una precisazione.
Una volta che si scrivono regole, i loro contenuti lessicali e semantici subiscono una sorta di eterogenesi dei fini, soprattutto quando riferiti a fatti naturali (si pensi, per un parallelo, all’evoluzione dell’art. 29 della Costituzione sulla famiglia come società naturale).
Inoltre, alcune parole, inserite in quelle disposizioni, non hanno significati fungibili.
Per esempio, posso declinare la parola ambiente in tanti modi; quella di biodiversità no, dato che quest’ultima riflette leggi di natura scoperte dalla scienza.
In definitiva, si tratta di una novità comunque importante, da collegare alla recente Risoluzione Onu, votata anche dall’Italia, sul riconoscimento universale del diritto umano all’ambiente sano, ulteriore tassello verso una declinazione dei diritti non individualistica e materialistica ma relazionata con le altre forme di vita.”