Immagine d’archivio
Tutelare dall’elettrosmog siti sensibili quali ospedali, scuole, asili, case di cura, parchi giochi.
E mettere ordine nel mare magnum di antenne che per anni ha affollato senza alcun criterio i tetti di Roma.
A questo è servito dal 2015 a oggi il regolamento per l’installazione di antenne di telefonia mobile sugli edifici del territorio.
Il sindaco Gualtieri però vuole abrogarlo.
La ragione?
Alcune novità emerse dalle ultime normative nazionali che lo renderebbero obsoleto.
Una delibera, approvata a inizio agosto, ha già messo nero su bianco la cancellazione del testo prevedendone una riscrittura entro 60 giorni.
Ora dovrà passare dal voto finale dell’aula Giulio Cesare.
Intanto però gli ambientalisti lanciano l’allarme.
“Il rischio è di incappare in una vacatio normativa che permetterà ai gestori di installare antenne a proprio piacimento” spiega a RomaToday Giuseppe Teodoro, ex consigliere del municipio XI, vicepresidente dell’associazione Ecoland e coordinatore dei Comitati romani contro l’elettrosmog.
Sulla stessa linea anche il consigliere capitolino Nando Bonessio di Europa Verde: “Non c’è bisogno di annullare il testo, bastava modificarlo“.
Per il Campidoglio invece, interpellato sulla questione, non si starebbe facendo altro che “allinearsi alle nuove linee guida nazionali“.
Ma vediamo nei dettagli.
Cosa prevede il regolamento vigente
Il regolamento in questione (ancora vigente, lo ripetiamo, perché l’abrogazione dovrà essere approvata in Consiglio oltreché in giunta) fissa – tra le tante – una serie di parametri per l’installazione, in un luogo piuttosto che in un altro, di antenne per la telefonia mobile.
Approvato dall’aula Giulio Cesare nel 2015 sotto la giunta di Ignazio Marino, servì soprattutto a mettere ordine alla materia con paletti chiari per tutelare dall’elettrosmog siti sensibili vedi ospedali, scuole, asili, parchi giochi.
Quali sono le zone considerate preferenziali e quindi più idonee per l’installazione di antenne?
Quelle libere prevalentemente non edificate o a basso carico urbanistico, con preferenza a immobili per attività commerciali o grandi complessi alberghieri.
Il percorso non è stato del tutto completato, è mancata una reale pianificazione urbanistica degli impianti (che era prevista invece nella delibera votata allora).
Il testo, di fatto una sorta di piano regolatore, ha però permesso di stoppare il cosiddetto fenomeno dell'”antenna selvaggia”.
Cosa succede adesso?
Perché Gualtieri vuole abrogarlo
Con la delibera approvata in giunta (e firmata dagli assessori all’Urbanistica Maurizio Veloccia e dall’assessora al Commercio Monica Lucarelli) si vorrebbe abrogare il testo, cancellarlo e riscriverlo da capo.
La ragione è semplice: alla luce dell’enorme evoluzione tecnologica degli ultimi anni, vedi l’introduzione della rete 5G, nel 2020 e 2021 sono state introdotte nei decreti Semplificazione procedure più snelle per il rilascio delle autorizzazioni agli operatori privati, con l’obiettivo di favorire la transizione digitale e ampliare la gamma di servizi offerti a cittadini e imprese.
“Il regolamento abrogato (in giunta, ndr) era infatti ormai obsoleto, non tenendo conto delle direttive nazionali e del regime semplificato che queste hanno introdotto.
Gli interventi di comunicazione mobile verranno quindi ora regolamentati in base alla normativa nazionale, facilitando lo sviluppo dell’infrastruttura e con questa un miglioramento dei servizi per imprese e cittadini” ha spiegato il Campidoglio.
Da una parte di fatto i poteri ai sindaci in materia sono stati ridotti, vietando ad esempio la possibilità di emettere ordinanze per fermare l’installazione di antenne 5G, dall’altra però si è mantenuto in capo ai Comuni il compito di regolamentare il fenomeno, scegliendo dove è possibile procedere e dove no.
Da qui le critiche che stanno arrivando al sindaco Gualtieri: perché cancellare il piano regolatore e rischiare mesi e mesi di vuoto normativo?
“Si rischia una proliferazione incontrollata di antenne”
“Sarebbe stato sufficiente aggiornare il regolamento vigente, sfoltendolo di quelle norme ritenute superate o incompatibili con la disciplina nazionale, piuttosto che privare d’un colpo i cittadini e il territorio di norme specifiche, finalizzate, fra l’altro, a inibire il deprecabile fenomeno di ‘antenna selvaggia’” tuona Giuseppe Teodoro.
La delibera per l’abrogazione fissa 60 giorni per pubblicare il nuovo regolamento.
Un tempo, per i più critici, decisamente ottimista.
“Parliamo di tempistiche chiaramente insufficienti per elaborare nuovi criteri e disciplina“.
Un quadro che, è la denuncia, “rischia di gettare nel caos il Comune e i suoi uffici che non potranno di fatto che accogliere supinamente le richieste di nuove installazioni con l’effetto di un’inevitabile proliferazione incontrollata di tralicci, antenne e sorgenti di elettrosmog“.
Sulla stessa linea anche il consigliere di maggioranza Bonessio. “Siamo perfettamente d’accordo con il sindaco sul fatto che Roma debba avvalersi delle tecnologie più moderne per migliorare i servizi forniti al cittadino.
Dopodiché si deve però camminare di pari passo con un principio di precauzione“.
Da qui la richiesta di “riaprire il confronto” con anche i portatori di interessi legati a tutela ambientale e salute, senza cancellare il regolamento vigente ma piuttosto andandone a modificare le parti non in linea con la nuova normativa.
Sulla questione interviene anche la Lega.
“Un vuoto normativo in attesa di un nuovo documento rischia di gettare la città nel caos delle antenne selvagge, con aumento dell’elettrosmog, danni alla salute dei cittadini, all’ambiente, ai siti archeologici e monumentali, al paesaggio, allo skyline della Città Eterna, aprendo a un’impiantistica selvaggia e pericolosa che dilagherebbe dal centro alla periferia con grave danno per tutto il territorio” commenta il consigliere leghista Fabrizio Santori.
“Gualtieri continua a ballare da solo, ma inciampa“.
(Articolo di Ginevra Nozzoli, pubblicato con questo titolo il 30 agosto 2022 sul sito online “Roma Today”)
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N.B. – Si fa presente altresì che ai sensi del 3° comma dell’art. 86 del D.Lgs. n. 259 del 1 agosto 2003 (“Codice della comunicazioni elettroniche”) gli impianti di telefonia mobile sono stati qualificati come opere di urbanizzazione primaria: ne consegue allora che viene data ad essi la valenza di un servizio pubblico generale, per cui questo tipo di impianti rientra nel campo dell’Urbanistica e spetta quindi anche al Comune di Roma il compito di una loro pianificazione che assicuri la ricezione delle comunicazioni da ogni parte del territorio della Capitale.
Il comma 6 dell’art. 8 della legge n. 36 del 22 febbraio 2001 (“Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici”) consente ai Comuni di adottare un Regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.
La giurisprudenza formatasi nella materia degli ambiti di legittima operatività dei regolamenti comunali ha però chiarito che il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio.
Nelle sentenze si parla addirittura di “confinamento” dei siti di stazioni radio base ed addirittura di “ghettizzazione” degli impianti di telefonia mobile.
Ne deriva che occorre superare le censure portate ai regolamenti comunali.
La Giunta Capitolina può far approvare una proposta di deliberazione da sottoporre alla approvazione della Assemblea Capitolina anche e soprattutto come apposita Variante Generale del P.R.G. con la finalità non solo di pianificare le aree da destinare alla rigenerazione urbana, ma anche di dare la possibilità di installare su traliccio anche più impianti di telefonia mobile, individuando tutte le aree che si renderanno necessarie per garantire la trasmissione delle comunicazioni sull’intero territorio cittadino.
Una pianificazione di settore del genere deve puntare ad individuare nella maniera più generale possibile le aree pubbliche su cui il Comune consentirà l’istallazione anche di più impianti di telefonia mobile a tutte quelle società di telecomunicazione che si aggiudicheranno gli appositi bandi di gara indetti dalla amministrazione capitolina: per tutte le eventuali rimanenti aree di proprietà privata verrà impartita una specifica disciplina volta a dettare prioritariamente le regole a garanzia sempre di un servizio pubblico
In tal modo si tutela meglio il decoro della Capitale ed in particolare del suo centro storico dalla giungla delle antenne sui tetti e si assicura al tempo stesso soprattutto la salute dei cittadini dall’inquinamento elettromagnetico.
Con nota prot. n. 50 del 29 novembre 2021 l’associazione VAS ha trasmesso questa proposta sia al Sindaco che all’Assessore all’Urbanistica, che non hanno ritento nemmeno di rispondere.
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