Dieci giorni fa abbiamo raccontato di come la Giunta regionale del Lazio guidata da Nicola Zingaretti abbia approvato in una delibera il piano di riassetto della Riserva Naturale dell’Acquafredda di Roma che, al suo interno, mantiene il progetto di oltre 17 anni fa che prevedeva la possibilità di edificare nell’area.
In una nota, diffusa in reazione alla nostra inchiesta, il gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale del Lazio ci invitava ad approfondire la vicenda per evitare usi strumentali, avendola messa in relazione alle pressioni che la segreteria dell’ex sostituto degli Affari Generali della Segreteria di Stato del Vaticano, Angelo Becciu, per mezzo del suo assistente Monsignor Perlasca, ha mosso alla politica regionale per salvare il progetto di edificazione.
Da allora, grazie a documenti di cui siamo venuti in possesso, abbiamo riscontrato delle irregolarità importanti che hanno riguardato gli uffici della Regione Lazio, nonché ulteriori precisazioni circa i progetti di edificazione che sull’area dell’Acquafredda aveva la segreteria di Stato.
L’8 luglio 2020 Roma Natura, ente regionale preposto alla tutela e alla gestione dei Parchi, invia una nota in cui chiede «alcune parziali modifiche e/o integrazioni alla documentazione di Piano», in particolare «lo stralcio/revoca della scheda progetto n. 9» dichiarando la sostanziale incompatibilità con la zona che è di «notevole valenza ambientale» e quindi «in evidente antitesi con gli interventi di trasformazione urbanistico/edilizia così come previsti dalla Scheda Progetto n. 9, fra l’altro descritti in maniera troppo generica».
Una richiesta, questa dello stralcio, che tuttavia cade nel vuoto, perché qualcuno negli uffici della Regione fa sì che quel documento di Roma Natura, insieme coi successivi nei quali si mantiene il parere relativo alla scheda progetto n. 9, venga interpretato, nella determina dirigenziale inclusa nel parere di Giunta, non come una integrazione nella quale l’ente chiede il superamento del progetto, ma come una smentita della nota in cui Roma Natura fa quella espressa richiesta di stralcio.
In pratica «l’antitesi» tra gli interventi di edificazione previsti e la «notevole valenza ambientale» viene cancellata.
Grazie a questa inversione che ne falsifica il senso, quindi, arriva in Giunta un progetto senza osservazioni che la maggioranza di Nicola Zingaretti approva senza batter ciglio e che successivamente, dopo il nostro scoop, dichiara di voler stralciare in commissione – la cui prossima riunione è prevista per domani, martedì 20 ottobre.
A tuonare adesso sulla vicenda è Angelo Bonelli, che nel 1997 da capogruppo dei Verdi fece approvare la legge che tutela la Riserva e negli anni del suo assessorato ha sempre respinto al mittente le pressioni sull’edificazione di quell’area: «La difesa dalla speculazione edilizia dell’Acquafredda , tra gli Ottanta e i Novanta, gli anni più bui ed inquietanti della politica e urbanistica romana, è frutto di una forte mobilitazione del movimento ambientalista», ricorda.
E, con riguardo all’oggi, aggiunge: «Non è vero, come sostiene il Pd, che non sono state presentate osservazioni contro l’edificazione all’Acquafredda .
Lo hanno fatto i Verdi chiedendolo alla giunta, lo ha fatto Roma Natura, lo hanno fatto i cittadini del comitato dell’Acquafredda .
Richieste rimaste inascoltate.
Ora il Pd si assuma le sue di responsabilità, perché dentro un parco non è ammissibile realizzare colate di cemento».
Una vicenda che assume quindi contorni inquietanti e ci racconta come il progetto di edificazione di quell’area fosse al centro di interessi incrociati che partono da molto lontano e arrivano a coinvolgere lo staff dell’ex Sostituto agli Affari generali Angelo Becciu, che incarica più volte persone a lui vicine di seguire il progetto con gli uffici regionali.
Nei carteggi che abbiamo visionato c’era l’intenzione di creare in quegli spazi un polo residenziale sanitario collegato al Bambin Gesù, un nuovo ampliamento che avrebbe dovuto coinvolgere molti dei protagonisti delle vicende collegate all’acquisto del palazzo di Londra in Sloane Avenue.
Il pentito della Segreteria di Stato, monsignor Perlasca, già stretto collaboratore di Becciu, davanti agli inquirenti avrebbe rivelato che il mondo della sanità era un asset centrale per gli affari dell’ex sostituto e che lo stesso Gianluigi Torzi, il broker molisano poi accusato di estorsione, oltre alla ristrutturazione del credito di numerosi enti o cooperative sanitarie vicine alla Santa Sede avrebbe puntato alla partita più grossa: una edificazione ex novo.
Da quanto emerge nelle ultime ore, nei piani di controllo dell’ex sostituto ci sarebbe stata anche la partita della presidenza del Bambin Gesù, dove lo stesso Perlasca siede in consiglio di amministrazione.
A questi interrogativi si sommano ora anche quelli che dovrà dipanare la Regione Lazio per comprendere quale “manina” abbia ritenuto i documenti di Roma Natura sostitutivi e non integrativi del diniego spalancando così le porte ad un sacco immobiliare di cui la politica non si era accorta o che ha fatto finta di non vedere.
(Articolo di Massimiliano Coccia, pubblicato con questo titolo il 19 ottobre 2020 su “L’Espresso”)